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La castrazione chimica per gli stupratori, quando la demagogia diventa violenza

L’Assemblea parlamentare del Consiglio Europeo si è espressa in termini analoghi e chiari: «Nessuna pratica coercitiva di sterilizzazione o castrazione - si legge nella risoluzione 1945 del 2013 - può essere considerata legittima nel ventunesimo secolo»

Antonio Fiumefreddo

24 Agosto 2023, 17:04

Violenza

Violenza

La castrazione chimica è l'inibizione delle gonadi, conseguita attraverso l'uso di farmaci anafrodisiaci, i quali hanno l'effetto di ridurre la libido e il desiderio sessuale. Gli effetti collaterali della castrazione chimica comportano la riduzione della densità ossea, a cui segue, come accertato dalla scienza medica, un maggior rischio di osteoporosi, di fratture e malattie cardiovascolari, diabete, anemia oltre che disturbi psichiatrici importanti.

La Costituzione della Repubblica all’art. 27 recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato», dopo avere affermato all’art. 13 che «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà».
L’Assemblea parlamentare del Consiglio Europeo si è espressa in termini analoghi e chiari: «Nessuna pratica coercitiva di sterilizzazione o castrazione - si legge nella risoluzione 1945 del 2013 - può essere considerata legittima nel ventunesimo secolo».

Ma, in questi giorni pare che il sole abbia picchiato forte non solo causando incendi boschivi ed eventi estremi ma anche bruciando quel poco che oramai rimaneva del buon senso, del rispetto dell’intelligenza dei cittadini, della dignità che la nostra civiltà ha raggiunto ovvero pensava di avere conseguito. Prima il gen. Vannacci, con le sue mostruose teorie su omosessuali, migranti, ambiente e tutto il resto dello scibile secondo la sua “ardita” interpretazione, e ora Salvini, ministro della Repubblica, incurante di affermare cose contrarie alla Costituzione sulla quale ha giurato davanti al Presidente Mattarella e pronto a intestarsi il vessillo degli istinti più panciuti di quanti sono soggiogati da facile paura.

Chi difende una tale pratica ci tiene a spiegare che se l’espressione castrazione fa paura sarà più corretto, e politicamente sdoganabile, parlarsi di “silenzio ormonale reversibile”, ma la sostanza non cambia e chi invoca certe misure dovrebbe avere l’onestà di assumersi la responsabilità degli effetti che, per via del ruolo, hanno certe barbare affermazioni. Ci si affretta anche a dire che in altri Paesi civili, la misura della castrazione chimica, come alternativa alla detenzione, esiste già, e si citano per primi gli Stati Uniti. Ma, si omette di osservare che quella pur grande nazione mantiene ancora la pena di morte e vende le armi anche a chi è affetto da problemi psichiatrici, non ha mai riconosciuto la Corte Penale Internazionale e non ha aderito ad altre decine di moratorie e dichiarazioni che hanno segnato l’evoluzione dell’umanità: non proprio un faro di civiltà giuridica!

Ora, al di là dell’incredibile dibattito che sollecita appunto le reazioni più basse a prevalere sul ragionamento lucido, proviamo invece a capire se davvero corrisponda a verità che la pratica della castrazione chimica risolverebbe il dramma degli stupri o comunque li ridurrebbe drasticamente. Scopriamo così che la quasi totalità degli stupri, ed anche quelli consumatisi in questa estate non differiscono, vedono come responsabili degli incensurati, anche minorenni, che quindi prima non hanno avuto manifestazioni o segni che potessero indurre le autorità ad intervenire. Si tratta, dunque, di verificare se la misura si possa proporre come pena per un reato già consumato ovvero per chi fosse recidivante. Nel primo come nel secondo caso occorrerà che prima intervenga una perizia che accerti se il soggetto abbia agito in preda ad una patologica irrefrenabilità delle sue pulsioni e se abbia comunque una condizione di salute che potrebbe porre a rischio la sua vita, assumendo la terapia farmacologica necessaria a costringerlo al silenzio ormonale. Soprattutto, non c’è alcuna prova che il risultato di una pratica così invasiva, in sostanza un trattamento sanitario obbligatorio in funzione di pena, raggiunga gli effetti che vorrebbero farne derivare i suoi sostenitori.

Un medico esperto come Alessandra Graziottin, che ha compiuto studi approfonditi, si interroga sull’efficacia della misura e così si esprime: «Funziona sempre? No, ed è bene dirlo con chiarezza. Gli studi americani relativi a maschi colpevoli di pedofilia, e trattati con queste terapie, mostrano che: a) non sempre la riduzione del livello di testosterone è sufficiente a inibire il comportamento patologico deviante, che ha anche forti componenti motivazionali di tipo psichico, relative alla gratificazione e al piacere che molte di queste persone provano nel compiere reati sessuali; b) molti uomini colpevoli di reati sessuali chiedono strumentalmente queste terapie per ottenere riduzioni di pena, ma poi le effettuano in modo saltuario o le sospendono; c) la psicoterapia che accettano di fare in parallelo alla terapia spesso diventa una finzione, solo per ottenere tutti i vantaggi, ancora in termini di riduzione di pena, così ottenendo peraltro la protesta delle vittime che non vedono soddisfatta la domanda di giustizia».
Il trattamento, poi, oltre che violento rischia anche d’essere facile da raggirarsi se è vero come è vero, spiega sempre la stessa scienziata, che «basta che un uomo in trattamento compri nascostamente del testosterone in gel o in compresse e tutto il silenzio ormonale viene vanificato, con ritorno baldanzoso del desiderio, dell’impulsività e dell’aggressività, sessuale e non».
Non occorre neppure in questa sede ribadire un concetto che avrebbe dovuto far parte del patrimonio di conquiste della nostra società, e cioè che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e non già al suo annientamento fisico, poiché c’è e ci sarà sempre chi vedrà nella pena un atto di giustificata vendetta.
Chi propone, quindi, soluzioni così pericolose non è solo un demagogo ma, e di più, è un violento che, forte del proprio ruolo, si trasforma in un instillatore d’odio e che, lontano dal volere risolvere un dramma come quello delle donne stuprate, è solo interessato a prendersi gioco oltre che delle vittime anche di coloro che, abboccando, assicureranno il loro consenso, il voto per intenderci, allo spregiudicato di turno.