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IL COMMENTO

La Pasqua, i “Cristi abbandonati” e la forza di ricominciare: a Catania, in Sicilia, nella vita

È la festa della vita che rinasce, della vittoria sul male e sulla morte

Di Giuseppe Di Fazio |

«Cristi abbandonati». Così li ha chiamati Papa Francesco. Si riferiva non solo ai migranti in fuga nei barconi o morti nei naufragi, ma anche alle famiglie distrutte dalla guerra o dalle calamità naturali, ai giovani con un vuoto dentro che nessuno vuole ascoltare, ai poveri, agli abitanti delle periferie, ai carcerati, ai disoccupati, agli anziani soli. «Cristi abbandonati», che nessuno spesso ha il coraggio di guardare in faccia, di aiutare, di accompagnare.

Di questi “cristi abbandonati” ne abbiamo visti alcuni mercoledì scorso durante la Via Crucis per le strade dello storico quartiere di San Berillo a Catania. A guidarla c’era un giovane parroco. C’era l’arcivescovo. Ma i protagonisti assieme alla Croce erano persone che, durante le varie “stazioni”, ripercorrendo il calvario di Gesù, hanno testimoniato con semplicità e commozione le proprie storie: fatte spesso di violenza e abusi subiti, di emarginazione, di razzismo, di povertà. Ma proprio nel momento in cui accadeva quella condivisione di esperienze, il dolore e la disperazione non costituivano più l’ultima parola sulle tante tragedie umane che popolano le nostre città. C’era una comunità che sulle orme del Crocifisso se ne faceva carico. E, perciò, si poteva ripartire, ricominciare.

La vittoria sul male e sulla morte

Ecco, è proprio questo che ci aiuta oggi a capire la Pasqua. Il motivo per cui possiamo fare auguri ad amici e conoscenti. Proprio perché la Pasqua, con la Resurrezione di Cristo, è la festa della vita che rinasce, della vittoria sul male e sulla morte. «Da quando Cristo è risorto – ha scritto ieri sul “Foglio” Pieluigi Banna – non c’è atto in questo mondo che possa decretare un giudizio definitivo sulla vita di nessuno». Neanche per un omicida o un carnefice. Né per un corruttore o un corrotto, o un fallito (nelle tante accezioni di questa espressione). È sempre possibile ripartire.

Ma torniamo ai “cristi abbandonati” a cui ci hanno rimandato i riti della Settimana Santa che fanno parte della più profonda tradizione popolare della nostra terra. Le immagini delle cronache ce li sbattono in faccia ogni giorno. Ma a noi quelle immagini non richiamano volti e storie. Rimandano al massimo a statistiche anonime. O a fenomeni che non ci scalfiscono, perché – si dice – è stato sempre così e non c’è niente da fare. E, invece, parliamo di persone in carne e ossa, che vivono drammi, domande, tragedie personali e familiari. Come accade, per esempio, nella nostra Isola per i giovani in dispersione scolastica, invisibili spesso alle scuole e ai servizi sociali ma non alla criminalità organizzata che li usa come vedette o pusher.

Il coraggio di osare

Papa Francesco, pur nella sua fragile salute, ci ha dato in questi giorni una “scossa”. Ci ha fatto intravedere un passo avanti. In quegli abbandonati – ci ha ricordato – «non ci sono solo dei bisognosi, ma c’è Lui, Gesù abbandonato». E allora il Papa invita quanti vogliono seguire Cristo a «cercarlo e ad amarlo negli abbandonati». E quando oggi questo riaccade – perché riaccade – assistiamo a tante ripartenze. Giovani e meno giovani che ricominciano a vivere, a lottare, a sperare. O, come ha scritto nel suo messaggio di auguri pasquali l’arcivescovo Luigi Renna, ricominciano a osare.

Per la Pasqua dello studente ha reso la sua testimonianza a Catania uno dei primi fondatori in Italia di comunità terapeutiche per tossicodipendenti: Silvio Cattarina. Ad ascoltarlo, fra gli studenti c’erano anche alcuni ragazzi problematici del rione Cappuccini che davanti a un educatore vero per un’ora hanno dimenticato di giocare col cellulare. E alla fine, uno di loro ha detto: «Questo è un adulto da seguire, voglio andarlo a trovare». Un ragazzo scopre che può ripartire, che può osare.

L’invito e l’augurio

Sempre monsignor Renna ricordava che osare implica «prendersi cura del corpo piagato della nostra società», delle nostre città, spesso ferite dalla criminalità mafiosa e lavorare per una loro rinascita civile e politica. Pensiamo quanto questo invito sia pertinente oggi per la nostra Catania.

L’augurio di Pasqua, allora, per ciascuno di noi, per la nostra città e per la nostra regione è che possiamo superare lo scetticismo o la disperazione per ritrovare nella Resurrezione di Cristo il coraggio di osare e la speranza di ricominciare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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