20 dicembre 2025 - Aggiornato alle 18:01
×

Ma davvero c'è voglia di riappacificazione?

Tra Meloni e Berlusconi contrasti che potrebbero condannare il futuro esecutivo a una vita travagliata. Ma c'è qualcosa che può dare un contributo significativo alla governabilità del Paese

16 Ottobre 2022, 17:30

172452592-8dd4c745-b9c8-4b50-b0c2-09793d5a3cdd

Con l’elezione dei presidenti del Senato e della Camera è nata la nuova stagione repubblicana. I candidati eletti sono quelli che erano stati indicati dalla coalizione di centrodestra.  Come noto, si è registrata una clamorosa dissociazione di Forza Italia al momento della votazione del presidente del Senato. Il Cav, in questo modo, ha inteso manifestare tutta la propria insoddisfazione per alcuni veti  opposti ad alcune candidature di ministri che riteneva non negoziabili. Si tratta di contrasti che, a giudicare dai toni, potrebbero condannare il futuro governo a una vita assai travagliata.

Alla conflittualità interna del centrodestra fanno riscontro, paradossalmente, gli inviti alla pacificazione venuti da quasi tutti i settori politici dopo lo straordinario discorso fatto dalla Segre in Senato. Un discorso, di grande valore politico e morale, con cui si auspicava una svolta nella vita politica italiana per rilanciare il Paese, prostrato dalle emergenze e da estenuanti contrapposizioni tra i partiti.

La svolta pacificatrice dovrebbe garantire una concordia politica che non annulla le differenze, ma salvaguarda i valori fondamentali posti a base della Repubblica. Questa esortazione ha riscosso consensi unanimi, anche da parte di chi non ha mai accettato, nel corso della storia della Repubblica, l’idea dell’arco costituzionale come presidio essenziale per la tenuta delle istituzioni della democrazia. Si è avuto un largo consenso sulla matrice resistenziale della Repubblica, espresso anche da chi da sempre  ha avuto molto da ridire su questo connotato identitario. Da ciò può venire un contributo significativo alla governabilità del Paese, sempre che le trattative conclusive per la formazione del governo non producano risentimenti destabilizzanti. 

Pare che su questo terreno la Meloni, candidata premier, non intenda fare sconti a nessuno. Soprattutto al Cav, da sempre capo indiscusso del centrodestra e adesso riluttante a riconoscere la primazia della Meloni, per anni subalterna sia a lui che a Salvini. Il successo elettorale di FdI e l’insuccesso di Lega e Fi hanno reso ancora più aggressivi i due leader. La candidata premier non pare, tuttavia, lasciarsi impressionare più di tanto dalle diffide provenienti dai suoi sodali, ai quali continua a spiegare che non accetterà nessuna lottizzazione dei posti di ministro, perché decisa a proporre «ministri seri» e  non famigli sottomessi alla volontà dei capi.

Alla fine, il Cav scenderà a più miti consigli, per evitare il rischio che alcuni dei suoi si ribellino e decidano di trattare con il futuro premier singolarmente, così com'è avvenuto nella legislatura che si è conclusa. Insomma, il suo ruolo risulterà sempre più ridimensionato nella coalizione, anche se continuerà a spiegare che un centrodestra privato della sua guida politica, e addirittura anche della sua autorità morale, diverrebbe politicamente irriconoscibile. 

Il futuro premier potrebbe dialogare con una opposizione non barricadera, rispettandone il ruolo, riconoscendo le prerogative del Parlamento. Potrebbe, insomma, stabilire con l’opposizione lo stesso rapporto che FdI ha stabilito con Draghi. Ciò comporta, come ha auspicato la Segre, che i tradizionali rapporti di amicizia con l’Europa e con l’Occidente non vengano stravolti.

Da questo punto di vista, la Meloni ha molto da meditare sulle reazioni che la scelta di un presidente della Camera ultraconservatore, nemico dei diritti, estimatore di Putin, ha prodotto in molti ambienti  europei. Si è parlato di un primo passo falso di questa maggioranza. Sarebbe bene che ne tenesse conto, ribadendo concetti già espressi sulla linea che intende seguire nei rapporti con l’Ue e con l’alleanza occidentale.

I comportamenti del governo in questo campo dovranno essere assolutamente trasparenti. È importante che gli interlocutori dell'Italia a livello internazionale siano rassicurati che non si avrà uno scadimento dei valori posti a base della Repubblica, ma che anzi il futuro premier riuscirà a far sì che questi valori  possano essere finalmente riconosciuti come patrimonio comune anche da chi nel corso della storia repubblicana li  ha da sempre avversati.