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Cosa nasconde il fallimento di una società

L'intervento del direttore del quotidiano La Sicilia sulla notizia del fallimento della società rossazzurra 

Di Antonello Piraneo |

Aspettando l’invasione delle cavallette, su una città già in ginocchio adesso piove anche il fallimento del Calcio Catania, dichiarato dal Tribunale con una sentenza che lascia sul campo soltanto il calcio d’angolo dell’esercizio provvisorio, a tempo e condizionato pure.  Al di là di come evolverà il procedimento, della fine che farà la mitica e fin troppo mitizzata matricola “11700”, di una Serie C giocata solo per non svalutare ciò che resta del patrimonio rossazzurro e di una probabile risalita dalla D, il fallimento del Catania è un fatto metasportivo: non soltanto perché l’Italia è una repubblica fondata sul pallone, piuttosto perché è cartina tornasole della crisi profonda del tessuto economico di una città. Meglio, di una regione intera, giacché in tempi recenti sono arrivati al capolinea altri club, dal Palermo in giù. Sono fallimenti annunciati, perché  al tramonto di imperi più o meno farlocchi non segue l’alba di una classe imprenditoriale forte, capace di investire nello sport fosse anche solo per visibilità: su cosa si accenderebbero i riflettori? Fallì pure il Parma, ma là per un accidente, qui perché c’è la desertificazione economica, impegno e sacrifici a parte. Così, come rabdomanti, si è andati dietro allo “straniero”, agli sceicchi – quelli non mancano mai – peccando fors’anche di presunzione. L’autogol in una partita già decisa. 

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