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L'EDITORIALE

L’Aula, gli alunni, la Sicilia

La XVIII legislatura della Regione Siciliana si apre portandosi dietro il carico di aspettative di un territorio piagato da mille crisi, compresa quella di fiducia verso le cose della politica

Di Antonello Piraneo |

Il primo giorno in classe per i 70 alunni di Sala d’Ercole è oggi, ma non sarà una festa della democrazia per il sol fatto che l’anno scolastico si è aperto 46 giorni fa, ovvero all’indomani dell’election day del 25 settembre. La campanella risuonerà tra i velluti di Palazzo dei Normanni con un ritardo di stampo sudamericano, il Sud America di una volta, a causa dello spoglio infinito. Una lunga attesa che, peraltro, potrà vivere ulteriori assestamenti per il gioco delle opzioni tra Palermo e Roma. 

Ma tant’è, i tempi in Italia sono una variabile indefinita rispetto al calendario della vita che scorre, del mondo che cambia: il metaverso è già passato. Per questo fa persino tenerezza Matteo Salvini quando, a proposito del Ponte sullo Stretto, parla di avvio dei lavori già nel 2023: intanto si adoperi, da ministro delle Infrastrutture da cui dipende l’Anas, a fare chiudere i cantieri lungo la martoriata autostrada (?!?!) Palermo-Catania. 

La XVIII legislatura della Regione Siciliana si apre dunque oggi portandosi dietro il carico di aspettative di un territorio piagato da mille crisi, compresa quella di fiducia verso le cose della politica. Una deriva qualunquista più pericolosa persino di una scelta sbagliata. 

I 70 alunni di Sala d’Ercole, sedendosi sui banchi di un’aula solenne, devono pensare ai siciliani, a coloro che hanno il coraggio e la forza di restare come pure ai tanti (il rimando è alla diaspora certificata appena martedì dal report sugli italiani nel mondo) costretti ad andare via dalle nostre città. Nessuno vuole sembrare Alice nel paese delle meraviglie e quindi sappiamo bene che quest’assunzione di responsabilità da parte dell’indisciplinata classe del Parlamento tra i più antichi d’Europa è pressoché un sogno impossibile.

Sarebbe già un segnale – è il minimo sindacale che si chiede all’Ars – partire bene, rifuggendo almeno per il momento da inciuci e manovre di Palazzo, con posizionamenti di campo chiari per eleggere il presidente dell’Assemblea e gli organi “a cascata”: maggioranza di qua e opposizioni di là, la mano dei franchi tiratori in tasca.

Sarebbe un bene per tutti, financo per chi, secondo le regole della democrazia, dovrà pungolare  l’azione di governo, confidando possa seguire una stagione di riforme. E darebbe ancora maggiore responsabilità alla coalizione che ha portato Renato Schifani a Palazzo d’Orléans. L’Aula di Sala d’Ercole è proverbialmente rissosa, ha nell’uso e nell’abuso del voto segreto, possibile su qualsiasi norma venga portata all’esame dell’Assemblea, uno strumento di ricatto capace di imbrigliare anche una maggioranza schiacciante almeno nei numeri:  per i dettagli chiedere a Nello Musumeci. 

Il governatore Schifani ha il profilo adatto per affrontare il “rito palermitano”, è uomo d’aula prima ancora che di governo, avendo presieduto il Senato dopo avere gestito il gruppo di Forza Italia a Palazzo Madama. Questa stessa esperienza lo sta accompagnando nella non facile composizione del puzzle della giunta, un tavolo attorno al quale si giocano partite tutte interne alle forze di maggioranza. Nel fine settimana, comunque entro martedì, saranno definiti equilibri e attraverso le scelte fatte si capirà molto del clima dell’intera legislatura. 

Dall’indomani toccherà ai siciliani prendere nota e mettere i voti sul registro di classe. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA