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Rilanciare i teatri siciliani si può: con i fondi europei (e una buona programmazione)

Non è possibile che la regione di Pirandello e Bellini non abbia una istituzione lirica o di prosa ai vertici italiani

Di Luca De Fusco*  |

Adesso che le liste, e quindi le competizioni, sono chiare si può finalmente parlare delle cose da fare in Sicilia. Nel mio settore le prospettive sono assieme entusiasmanti e preoccupanti. La preoccupazione nasce dallo stato dell’arte. Il Biondo Stabile di Palermo ha i dipendenti in mobilitazione sindacale e il cartellone non ancora annunciato. Lo Stabile di Catania, che dirigo, era al mio arrivo in una situazione di deficit strutturale che quasi impediva la composizione del cartellone: l’impegno del nuovo cda, gli interventi degli assessori Messina e Armao hanno posto un rimedio triennale a questa situazione che si è alleggerita ma certo non risolta.

I teatri lirici della Regione non vedono spesso presenti nomi al livello del prestigio e della loro  storia. A queste quattro cattedrali si aggiungono tante prestigiose istituzioni con edifici teatrali di tutto rispetto ma con finanziamenti sempre più ridotti e con  stagioni ristrette e annunciate all’ultimo minuto. 

Ogni tentativo di fusione tra teatri grandi e teatri piccoli è stupidamente vissuto come un’occupazione militare e si preferisce fare “i galletti sopra la monnezza”. 

Il risultato è che le compagnie di primo livello tendono sempre più spesso a “saltare” la Sicilia e le nostre produzioni fanno sempre più fatica a girare per l’Italia. Questo perché non ci si coordina nel ricevere e inviare in tournée le compagnie.

Il risultato è che la regione di Pirandello e Bellini non ha un teatro lirico o di prosa ai vertici dei teatri italiani. 

Se questo è lo scenario da dove ricavare l’entusiasmo? Dalla certezza che la soluzione è a portata di mano. Ci sono enormi quantità di fondi europei che potrebbero essere destinati allo spettacolo dal vivo. Naturalmente le difficoltà per ottenere questi fondi ci sono, ma non sono affatto insormontabili.

La mia storia personale offre una testimonianza vivente. Grazie ai fondi europei ho  potuto far risalire il Teatro Stabile di Napoli dalla penultima posizione degli Stabili italiani  al prestigioso novero dei teatri nazionali. Coi fondi europei il Napoli Teatro Festival, che ho diretto per  quattro anni, ha raggiunto il budget maggiore tra i festival di prosa in Italia. Il San Carlo ha risanato i suoi conti e rilanciato la sua azione. Tutto ciò, e molto altro (si pensi solo ai festival di Ravello e Giffoni), è stato fatto coi fondi europei in Campania.

Non c’è nessuna ragione insormontabile che impedisca alla Sicilia un uso altrettanto generoso di fondi europei. Naturalmente questi fondi non sono così facili da ottenere. Richiedono possibilmente delle alleanze tra teatri; coi fondi non si possono pagare stipendi ma si devono realizzare spettacoli secondo calendari precisi che vanno rispettati. La quantità di produzioni  e quindi di lavoro distribuito, può essere però enorme. 

Il presidente Schifani ha messo i fondi europei al centro del suo programma; spero facciano altrettanto anche gli altri contendenti. Non si tratta di inseguire chimere ma di ripetere ciò che si è già fatto altrove e si può realizzare  anche in Sicilia.

* Direttore del Teatro Stabile di Catania 

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