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Ponte: affetti, simboli e conti. Dalle analisi costi-benefici due diverse letture del futuro

Il sogno identitario e il confronto con le aride cifre: una doppia lettura che è solo in apparenza antitetica e che va compresa

14 Agosto 2025, 16:58

ponte stretto messina

Il dibattito sull’attraversamento stabile dello Stretto non può esaurirsi nei numeri ma nemmeno, con rispetto parlando, nelle bizzarre esternazioni di Pif e di Mario Tozzi. Attorno al Ponte si condensano valori immateriali: sentimenti di appartenenza, identità di luogo, simboli di unione, speranze di generatività per il Sud. Ma anche valutazioni economiche. Senza entrare in questioni tecniche, analizziamo le due dimensioni.

Per molti siciliani, non tutti, col sogno del Ponte si rompe l’isolamento. Ma l’insularità è definita da Eurostat con parametri ben precisi. La Gran Bretagna non vi rientra perché l’Eurotunnel la lega al continente; analogamente, la Sicilia perderebbe lo status di regione insulare con il Ponte. A livello sociale e politico la discussione si interseca con temi di equità: chi trarrà davvero vantaggio? Pendolari, turisti, imprese di logistica, chi non può permettersi oggi i pedaggi dei traghetti? L’opera tocca, inoltre, la nuova clausola costituzionale sulla insularità che impone allo Stato di compensare gli svantaggi. Collegata stabilmente con la Calabria, la Sicilia sarà ancora riconosciuta isola meritevole di sostegni specifici (finora mai dati)?

Infine il forte valore simbolico come ultima “maglia” mancante del corridoio scandinavo-mediterraneo della rete TEN-T, il Ponte come il tassello che collega l’Italia all’Europa, paragonabile al tunnel del Fehmarn Belt o alla galleria di base del Brennero.

Questa simbologia si intreccia con il valore “generativo”: l’infrastruttura potrebbe innescare catene del valore nella logistica, favorire un più ampio mercato del lavoro e delle competenze, attrarre nuovo turismo e indurre rigenerazioni urbane nelle aree di approdo. Tuttavia, la generatività richiede rete ferroviaria ad alta capacità, porti competitivi, servizi integrati e una governance efficiente, meglio se unica. Senza questi requisiti, il valore del ponte è unicamente di attraversamento.

Andiamo adesso alla valutazione soltanto economica dell’investimento. Ne abbiamo fatta una basata su un modello semplice per stimare ordini di grandezza. L’orizzonte dell’investimento è di 30 anni dal 2033, con un tasso di sconto sociale del 3%, lo stesso impiegato dalle linee guida europee. Si monetizzano alcuni benefici: risparmi di tempo su gomma e ferro, miglioramento dell’affidabilità, parziale riduzione dei costi operativi dei traghetti, e un costo ombra per la CO2 di cantiere. Non si stimano effetti di rete o domanda indotta. I costi includono l’investimento di € 13,5 miliardi, la manutenzione annuale (tra 0,3% e 0,7% del capitale) e il costo ambientale. In tutti gli scenari considerati, ben cinque a seconda della fruizione, il ponte genera risparmi significativi ma non tali da coprire l’intero onere, a meno di previsioni molto ottimistiche su domanda ferroviaria, manutenzioni basse e pedaggi modesti. Il rapporto benefici/costi è sempre inferiore a 1.

L’analisi ufficiale della società Stretto di Messina, aggiornata nel 2024 secondo le medesime linee guida, arriva ad altre conclusioni. A fronte dell’investimento globale, si registra un valore attuale netto economico di € 3,9 miliardi e un tasso interno di rendimento economico del 4,51%. Questa analisi monetizza un insieme più ampio di benefici; utilizza prezzi ombra e un modello di domanda multimodale. Secondo Unioncamere, l’analisi stima un beneficio economico netto attorno a € 1,8 miliardi con rapporto benefici/costi di 1,2.

Le due analisi non sono antitetiche, è solo diverso il perimetro di indagine. La valutazione economica da noi condotta mira a capire se il ponte, isolato, può ripagarsi con i soli risparmi diretti; la risposta è no. L’analisi ufficiale di Stretto di Messina SpA valuta il ponte come elemento di una rete integrata: se la Sicilia, come da sempre enfatizzato, viene collegata con linee ad alta capacità, porti efficienti e servizi cadenzati, e se si riduce la flotta dei traghetti liberando risorse, allora i benefici economici superano i costi.

In quest’ottica il ponte diventa utile a tutti quando la collettività lo sente, lo usa e lo gestisce bene. È a questo obiettivo che la politica dovrebbe puntare.

*Rosario Faraci, giornalista pubblicista, insegna Principi di Management all’Università di Catania