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IL COMMENTO

Renato Schifani, lo spettro della “crocettizzazione” e il rischio di sprecare il suo credito di fiducia personale

Le sue crociate politiche (e mediatiche) seppur con uno stile completamente diverso, cominciano ad assomigliare alle “armi di distrazione di massa” usate da Rosario Crocetta all’inizio del suo mandato

Di Mario Barresi |

Due foto, innanzitutto. E poi una suggestione, più che altro un rigurgito di memoria che torna come la peperonata a mezzanotte.

Le immagini sono entrambe tratte da un interno di gruppo a Palazzo dei Normanni.

La prima, poco prima dell’alba del 10 febbraio scorso, immortala un’Ars operosa, col sold out sugli scranni e un brulicare nei corridoi per aggiudicarsi una piccola fetta del maxi-emendamento trasversale. Tutti presenti, tutti attivi – di più: iperattivi – nello sporco ma ben pagato lavoraccio di rappresentare i siciliani, poco dopo aver votato l’adeguamento delle (loro) indennità al tasso d’inflazione: circa 800 euro in più al mese. Tutti felici e contenti, di aver strappato una sagra o un contributo per la banda musicale del paese.La seconda foto, impietosa, è quella di Sala d’Ercole ieri pomeriggio.

Poche ore dopo la conferenza stampa del presidente Gaeatano Galvagno, che si sforza di fare il “ragioniere”, tutto sommato ottimista, di un’azienda improduttiva. In aula pochi deputati sbadiglianti, con l’assessore Giovanna Volo che chiede l’ennesimo rinvio per rispondere a interrogazioni sulla sanità. Fa quasi tenerezza, lo sguardo perso nel vuoto, mentre il deluchiano Ismaele La Vardera spara sulla croce azzurra: «Bastaaa… Si dimetta». E quel «già!» che scappa dal microfono presidenziale.

Lo stesso Galvagno, in conferenza dei capigruppo, lancia l’allarme: «Qui, signori miei, ci vengono a sputare in faccia». Il fatturato legislativo dei primi sei mesi è assai magro. Tolta la finanziaria delle marchette, peraltro in buona parte impugnata da Roma, e le altre norme di bilancio, resta soltanto la legge 4 del 18 aprile scorso recante “Disposizioni in materia di tassa automobilistica. Interventi finanziari a favore dell’aeroporto di Trapani Birgi”. Ora la prossima seduta sarà il 16 maggio, poi tutti in “ferie elettorali” per il rush finale delle Amministrative.

Non è un problema di quantità. «Ci vuole carne al fuoco da mettere. Ci sarà un confronto col governo». Il presidente dell’Ars lo dice in modo diverso da come l’avrebbe detto Gianfranco Miccichè. Ma la sostanza è la stessa: a latitare, nel vuoto operativo del «Parlamento più antico d’Europa» è proprio l’attività di maggioranza e governo.

E qui arriva la suggestione. Il vago senso di déjà vu. Renato Schifani, «parlamentarista convinto», ha un’opposizione meno cruenta di quella che accolse sin dal primo giorno Nello Musumeci. Ma il governatore rischia di sprecare questo credito di fiducia personale. E le sue (legittime) battaglie – la denuncia contro il cartello del caro-voli, il richiamo all’Anas sui cantieri lumaca, le sfuriate contro i burocrati che firmano atti a sua insaputa, lo stop alle spese allegre al Turismo – sono tutte “extraparlamentari”.

Tutte crociate politiche (e mediatiche) che, seppur con uno stile completamente diverso, cominciano ad assomigliare alle “armi di distrazione di massa” usate da Rosario Crocetta all’inizio del suo mandato. Quando, osannato dai giornali e coccolato dai salotti tv, gridava allo «scantalo» per ogni «manciugghia» trovata nei cassetti.

Sappiamo com’è andata a finire. E adesso, per evitare la “crocettizzazione” – perché prima o poi la luna di miele con l’opinione pubblica finisce – Schifani dovrebbe, con l’autorevolezza che tutti gli riconoscono, chiudere i suoi (assessori e maggioranza) in una stanza e strigliarli per bene. Magari c’entreranno pure le «zavorre del passato» evocate dal suo vice Luca Sammartino, ma dopo l’eventuale «tagliando della giunta» previsto in estate sarà già passato un anno dalla vittoria delle elezioni. Un lasso di tempo sufficiente per misurare il primo delta fra gli annunci e i fatti.

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