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Il commento

Se l’antistato ambisce a farsi Stato

Si deve riconoscere che sotto il profilo linguistico e comunicativo il messaggio di Messina Denaro è un vero capolavoro.

Di Agatino Cariola |

E così la mafia diviene soggetto politico a tutto tondo: l’antistato si fa Stato, interprete di una storia e di un’ideologia, espressione di un pensiero che aspira ad essere punto di riferimento per tutti i siciliani.Si deve riconoscere che sotto il profilo linguistico e comunicativo il messaggio di Messina Denaro è un vero capolavoro.

Mette assieme pezzi di storia e li reinterpreta, perché è vero che dopo l’Unità d’Italia vi fu una sorta di riconquista armata del Meridione in nome della lotta al brigantaggio e le risorse apprese nel Mezzogiorno furono utilizzate per risanare le finanze del regno sabaudo; è vero che la politica siciliana ha spesso manifestato una sorta di subalternità a quella romana. E che questi temi fanno parte di una cultura diffusa dalle nostre parti. Epperò, questa narrazione poi si allarga in senso etnico (i siciliani sarebbero un popolo a parte, addirittura un’etnia) e antropologico (ci sarebbe una cultura siciliana diversa dalle altre), sino a far identificare Sicilia e mafia e ad alterare la distinzione bene/male.

Gli uomini e le donne di mafia (sì, ci sono anche loro, come in ogni proclama che si rispetti) sono quelli che soffrono per l’intera Sicilia, le vittime di un’oppressione culturale. Chi difende le regole della convivenza civile, di un’economia sana e libera da estorsioni, di una politica ispirata dal bene comune, questi sono i malvagi.

Viene da piangere a pensare a Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido a 12 anni su decisione di uno che intende sostenere un progetto che senza esitazione va definito diabolico. Il contenuto del messaggio sembra costruito da un bravo tecnico della comunicazione, distorce la realtà e punta all’esaltazione del mondo mafioso ed all’accettazione delle sue pratiche criminali. Una volta che Sicilia e mafia si immedesimano, l’ideologia identitaria conduce ad assolvere la mafia e a spingere uomini e donne siciliani a riconoscersi in tale fenomeno e a farne il proprio destino. Le coordinate bene/male, vittima/carnefice, le quali pure fondano il giudizio morale per ogni popolo e per ogni cultura, non sono puramente relativizzate all’insegna del “tutto è uguale”, ma sono completamente rovesciate.

L’esito è a dir poco aberrante: il destino del siciliano è di essere mafioso – o di scappare da questa terra, lasciandola completamente in mano ai mafiosi. La mafia non ha più bisogno di appoggiare questo o quel partito, questo o quel politico, ma si fa partito essa stessa e per intero, anzi il partito dei siciliani. Non c’è nemmeno la logica rivendicazionista di chi richiede allo Stato italiano risorse per interventi pubblici. Si avverte il ritorno della logica separatista di chi vuol fare da solo.

Epperò, qui sta anche la limitazione di un tale progetto che guarda solo al passato. Un tale disegno non può attecchire. Noi coltiviamo al contrario un seme di speranza per tutti noi: che ci pensiamo siciliani ma anche italiani e cittadini del mondo, che non vogliamo impossibili separazioni, ma lavoriamo per l’integrazione e l’inclusione tra i popoli e le culture, che ogni giorno costruiamo un’economia ed una politica per stare nel mondo con pari dignità con tutti gli altri. Se mi è consentita un’espressione metaforica, ogni siciliano perbene lavora per costruire il ponte che colleghi la Sicilia al mondo e non la faccia restare un’isola. I Messina Denaro che ancora non la pensano così, sono essi contro la storia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA