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Luigi Renna *

Sui tetti di ogni città un segno di speranza

La croce di Cristo: ognuno, in un pluralismo di visioni, gli dà significati diversi, ma non possiamo dimenticare, in questi giorni di Pasqua, il senso profondo di questo segno di fede

Di IL MESSAGGIO |

Il grande siciliano di Pozzallo, che credette fortemente nella pace tra le tensioni della “guerra fredda”, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni ’50 e ’60, scrisse nel 1952 un testo molto ispirato, dal titolo “Il mistero dei tetti di Firenze”. In esso svela il “mistero” dei tetti della città, che formano «un tutto armoniosamente unito, quasi un sistema di proporzioni geometriche ed architettoniche, che esprimono, come il sistema stellare, ordine, bellezza, preghiera, riposo e pace».

Non ci sembri audace la relazione tra la Firenze rinascimentale e la Catania barocca, e un certo realismo non ci fa distogliere lo sguardo dalle periferie, cresciute senza un progetto architettonico e senza grandi segni di bellezza.

In questi giorni un’altra storia di disarmonia, una corsa di cavalli e armi brandite come giocattoli, in uno sperpero di denaro che sa di malaffare, crack, di commercio di stupefacenti. Ma la speranza non ci delude, né ci spaventa il silenzio di molti o la disperazione di qualcuno.

Vogliamo anche noi guardare i tetti di Catania da un luogo alto, le terrazze della Badia, ad esempio, o dalle finestre del Seminario, che ci fanno avere l’idea del tutto, di un solo corpo, non di tanti “pezzi” di umanità: abbiamo bisogno dei panorami, per risvegliare in noi il senso dell’armonia e dell’amore al futuro.

Su ogni città dell’occidente, dalle cupole e dalle sommità delle chiese, c’è un segno che è insieme di identità e di speranza, la croce di Cristo. Da duemila anni non è più ormai il “tremendo supplizio” di cui parla Cicerone nell’antica Roma, invitando a distogliere lo sguardo da quella raccapricciante modalità di uccidere gli schiavi, ma è il segno di una fede, di pietà, di una vittoria e di una speranza.

Papa Francesco ha voluto che quest’anno giubilare fosse celebrato all’insegna della speranza, virtù necessaria per un mondo che sembra disinteressato al suo futuro, al punto da curarsi poco se nascono meno bambini o se le risorse del pianeta vengono saccheggiate, né tantomeno sa guardare al mondo come un villaggio globale nel quale tutte le nostre umanità sono connesse. Cosa è la croce sui tetti di una città? Ognuno, in un pluralismo di visioni, gli dà significati diversi, ma non possiamo dimenticare, in questi giorni di Pasqua, il senso profondo di questo segno di fede. “Ave croce, unica speranza”, canta la Chiesa in un antico inno: chiama speranza quello strumento di morte, perché crede che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, morendo su di essa, accanto ai malfattori, da innocente, fuori della città, ha attirato il nostro sguardo sul dolore e sulla sofferenza, strappandoci alla “distrazione” che esclude tanta parte di umanità dalle nostre attenzioni. Speranza unica? Non ce ne sono altre? L’unicità è data da quelle parole che sono scandite dalla croce come una benedizione su tutti: “Padre perdona loro… Oggi sarai con me in paradiso… nelle tue mani affido il mio spirito”. E il risorto che appare ai suoi discepoli, mostra le piaghe che gli ha lasciato la croce, e annuncia: “Pace a voi”.

Sui tetti di Catania e di ogni città, le croci indicano ancora che la speranza si fa spazio nelle nostre città e nel nostro tempo,non ci consente di frammentarci o di escludere alcuno. Dice anche a chi sembra di ignorare che la città non è solo interessi di chi specula, di chi educa i figli alle corse dei cavalli e potrebbe invece aiutarlo a “correre” nella vita con amore e rispetto per tutti: c’è speranza in un altro modo di vivere anche per te! Non importa se facendo nostra la croce rimarremo feriti, se grazie ad essa si può ancora sperare e amare.

Buona Pasqua a tutti! La Croce veglia su ogni città.

*Arcivescovo metropolita di CataniaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA