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Un giorno in compagnia con il regista Rai Michele Guardì

Di Redazione |

Dieci mesi di duro lavoro, ma due mesi circa di vacanza nella sua terra. Luglio e agosto sono sacri per il regista Rai Michele Guardì, devoto di San Calogero.

“Arrivo per la prima domenica del santo nero ad Agrigento – dice – e vado via a fine agosto allorché nel mio paese, Casteltermini, si festeggia il santo nero”.

Siamo andati a trovarlo nella sua casa di Agrigento, in via San Vincenzo. Nella quiete del bordo piscina, ci siamo fatti una lunga chiacchierata dove Guardì ha parlato dei suoi progetti, della sua terra, dei suoi sogni.

“Agrigento è la casa – continua – la casa nella quale è nata la mia famiglia, dove è nato mio figlio. Questa abitazione è cresciuta a poco a poco, pezzo per pezzo. Alcuni lavori non potevo permettermeli, io e mia moglie ci siamo fatti prestare un seghetto da un artigiano per effettuare alcuni interventi. I mobili sono quelli di quando ci siamo sposati, 46 anni fa. Il quartiere di San Vincenzo, quando sono arrivato, era privo di tutto, poi è arrivata l’illuminazione pubblica. Non cambierei questo posto per nulla al mondo”.

– Ogni anno che ritorna, come trova Agrigento?

“Io non amo la retorica “si stava meglio quando si stava peggio”. Sono ottimista per natura, la città la vedo anche un tantino migliorata, è più pulita, i problemi ci sono sempre. Anch’io quando sono arrivato per la prima volta nel capoluogo, arrivavo da Casteltermini, ho incontrato una serie di problematiche, ma le ho affrontate a testa bassa, risolvendone parecchio. Ricordo quando assieme ad alcuni amici fondammo il Punicipio, diventò un punto di riferimento per la città. Quando arrivai ad Agrigento venni accolto da Pippo Flora che per me è come un fratello, fu importante per un ragazzo di provincia. Da paesano quale sono ho scoperto che l’agrigentino vuole essere stimolato, ma quando decide di fare qualcosa si getta a capofitto e, nella maggioranza dei casi lo fa anche bene”.

– Questo periodo di riposo le consente di ricaricare le pile in vista della nuova stagione televisiva…

“Mi accingo alla mia ventinovesima edizione de “I fatti vostri”, il programma più antico d’Europa. Aggiungo anche il più copiato visto che c’è stata una edizione in Spagna e Portogallo. Non c’è un presentatore che ho apprezzato di più, farei un torto agli altri, ho avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti. Questo programma deve avere sempre un presentatore che sappia di tutto di più, deve essere preparato su quello che succede nel mondo. Ho sempre sostenuto che non tutti i programmi sono adatti a tutti i conduttori. Affrontare un programma quotidiano significa rinunciare alla propria libertà sulle 24 ore. Io, personalmente, faccio un lavoro che mi piace, che mi diverte, sono grato alla vita”.

– Qualche giorno fa è venuto a mancare Andrea Camilleri. Che rapporto aveva con lo scrittore empedoclino?

“Un rapporto di amicizia personale. Lui ero compagno al Collegio vescovile di Agrigento di un mio cugino, Alfonsino Mondello. Negli anni li facevo spesso sentire al telefono e assistevo con un groppo alla gola alle loro battute, ai loro silenzi, ricordavano i tempi trascorsi assieme”.

– Ci può raccontare la storia delle colombe in una delle edizioni della Sagra del Mandorlo in fiore che lei ha condotto?

“Ho condotto tre edizioni. In una di queste erano presenti i gruppi folcloristici della vecchia Unione sovietica, l’Ungheria e la Cecoslovacchia. I rapporti tra i tre paesi erano tesi. Mi venne quindi l’idea di lanciare un messaggio d’amore tra i popoli liberando 1000 colombe tra le colonne doriche del tempio della Concordia. Fu uno spettacolo straordinario, il cielo completamente coperto dagli uccelli. Uno spettacolo straordinario”.

– Lei è stato anche un nostro vecchio collaboratore…

“Ho ancora la tessera di corrispondente da Casteltermini del quotidiano La Sicilia. La conservo gelosamente. Ho cominciato a muovere i primi passi con voi”.

– Non ama molto il calcio?

“Non molto. Lo sport, in generale, lo seguo per pura curiosità. A me interessa più l’aspetto spettacolare. Mi piaceva fare il telecronista di ciclismo”.

– Sta ultimando di scrivere un altro romanzo…

“Dopo il successo di “Fimminedda” ho già pronto un racconto sempre in chiave siciliana, scrivo di un piccolo mondo siciliano che io amo ricordare. Si tratta di tante piccole cose che spero non vadano perdute, ed ancora curiosità, aneddoti e aspetti poco conosciuti della vita che fanno da collante ai vari passaggi della storia”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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