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Se Rosario Livatino potesse inviare un Whatsapp

Di Redazione |

Ha destato scalpore la scarsa partecipazione al convegno, che si è tenuto lo scorso 22 settembre a Canicattì(AG), in ricordo dei Giudici Saetta e Livatino. All’iniziativa era, anche, presente il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, che ha sottolineato la “preoccupante assenza dei cittadini”.

Al convegno, organizzato da diverse associazioni locali, era stato invitato anche il sindaco di Canicattì, Ettore Di Ventura, che sui social ha tuonato: “Penso che la gente comune, quella che è mancata, semplicemente sia stanca di convegni di questo genere, sia stanca della legalità raccontata e rappresenta, ma sia desiderosa di legalità militante, la legalità fatta azione quotidiana. Ma se non si creano momenti di confronto con i giovani, chi è che dovrebbe mandare i giusti segnali?”

Un interessante momento di confronto con i giovani è, però, avvenuto. Lo scorso 21 settembre, infatti, nell’aula magna del Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento si è tenuto un incontro organizzato dal Libero Consorzio con la partecipazione di due “colossi della magistratura e della lotta alla mafia”, Alberto Di Pisa e Salvatore Cardinale; “un momento di cordoglio ma anche di una luce abbagliante”, come ha scritto il giornalista Davide Lorenzano, presente all’evento, autore del docufilm “Il Giudice di Canicattì”.

La giornata ha, anche, un donato un “testamento spirituale” del Servo di Dio, Rosario Angelo Livatino. Si tratta di una lettera “impossibile”, scritta da uno studente dell’Empedocle, che Livatino ha “idealmente” inviato ai giovani. Così appassionata che vogliamo pubblicarla integralmente:

“Agrigento, 21 Settembre 2018,

Come è lontana quella mattina in cui il mio cuore ha preso a battere nell’eternità!

Qui tutto si cristallizza, il tempo non ci cambia ed ancora provo gioia a scrutare i vostri occhi dove riconosco le mie emozioni.

Si, io dal non tempo e dal non spazio, ho deciso di tornare a vivere tra i banchi del liceo e di diventare un vostro compagno per dirvi che oggi voi qui non state ricordando me, Rosario, ma qualcosa di molto più grande ed importante, di cui io sono stato solo uno strumento.

Sapete mi sento come il tasto invio di Whatsapp. Immaginate che a qualcuno non convenga che il vostro messaggio arrivi ad altri e vi blocchi per sempre.

Quegli spari in un giorno di sole hanno chiuso la mia bocca, ma non hanno spento gli ideali che camminano sulle gambe degli uomini di buona volontà;

finchè resiste un piccolo barlume di giustizia, l’ingiustizia non può oscurare… finchè resiste una società basata sulla legalità, la mafia non può coesistere, finchè voi giovani speranzosi e ricchi di sogni resistete, anche se gli strumenti verranno messi a tacere, i messaggi, quelli buoni, potranno rimanere ugualmente, anzi, credetemi, si memorizzeranno dentro i vostri cuori e nelle vostre azioni.

Qualcuno crede di avermi ucciso.

Qualcuno crede di aver soffocato le mie idee.

Qualcuno crede di aver risolto un problema.

Io credo invece che ne abbiano creato uno un po’ più grosso.

Hanno ragione gli antichi: nessuno muore se rimane nel ricordo di chi resta. È proprio così io, il giudice Ragazzino, sono ancora vivo. Sono qui in quest’aula e dovunque alberghi la giustizia, vivo ogni qualvolta voi giovani ricordate di scegliere, la legalità, l’amore, la bellezza della lealtà e della trasparenza.

L’onestà è una scelta. La scelta più bella. Vivo ogni volta che avete il coraggio di non abbassare la testa a qualcuno che toglie il senso alla vostra libertà. “La libertà – dice Rousseau – non consiste tanto nel fare la propria volontà, quanto piuttosto nel non essere sottomessi a quella altrui”

Se non siete d’accordo abbiate il coraggio di dirlo in faccia a chiunque!

Il coraggio, lo so, è un’arma pericolosissima, avere coraggio non significa non conoscere la paura, ma essere capaci di affrontarla. È questo che la mafia teme più di ogni altra cosa: il coraggio di chi crede nella legalità.

È vero, il mondo in cui vivete, lasciatovi in eredità, non è dei migliori. Ciò non vuol dire però che non si possa migliorare. I latini dicevano ad maiora. Sia questo il vostro motto.

Bloccano il tasto Whatsapp? Vi tolgono gli strumenti? abbiate la forza e l’ingegno di trovarne di nuovi.

“Siate il cambiamento che volete nel mondo”. Io penso di aver fatto la mia parte: Ho creduto nel cambiamento, forse l’ho avviato. Voi oggi avete la possibilità di portarlo avanti.

Guardate sempre il mondo con i vostri occhi, siate il cambiamento, siate strumenti di giustizia .

Ad maiora semper, amici di vita, Rosario”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA