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L’opera rockettara nazionalpopolare che ha incantato il teatro Pirandello

Di Redazione |

Un attore e regista raffinato, Gaetano Aronica, una storica superband resident, i Bluesensation Electric Dreames, composta da musicisti con la voglia di affrontare tutto con grinta e disinvolta allegria ed un astro nascente del teatro siciliano, Silvia Frenda.

Sono stati loro i protagonisti di “We can be heroes”, l’opera rock andata in scena, con unanime favorevole consenso di critica e di pubblico, il 2 e 3 febbraio scorsi al Teatro Pirandello di Agrigento.

“We can be heroes” è uno spettacolo nazionalpopolare, politicamente corretto, che rappresenta un’alchimia perfetta di musica e parole.

Un’idea vincente quella di Gaetano Aronica, genio poliedrico, grande poeta (il regista è anche autore del testo) e attore dall’ironia affilata che dimostra di possedere grande esperienza della scena.

Un mattatore di gran classe che dal palcoscenico riesce a trasmettere degli impulsi che provocano negli spettatori una forte reazione emotiva; esplode la risata, infatti, ma anche la commozione. Il teatro diventa così arte, ricerca, ed espressione dell’esperienza umana.

Il regista si racconta: la narrazione parte dalla Valle dei Templi di Agrigento per approdare nella Capitale dove un aspirante giovane attore insegue i propri sogni a cavallo di una vespa rossa; un colore che nel corso dello spettacolo torna insistente: rosso, infatti, è il colore delle “brigate” che hanno rapito Aldo Moro e rossa è l’agenda trafugata al Giudice Borsellino in Via D’Amelio a Palermo.

Nel racconto tutto si affastella, come in un sogno, in un disordine creativo che è quello della vita che sfugge persino ai principi del tempo: così sulle note di “Promentory” (l’Ultimo dei Mohicani) Gaetano Aronica ricorda, divertito ma compiaciuto, di essere stato paragonato a Daniel Day Lewis da una sensuale Monica Bellucci conosciuta sul set di Malèna.

Il pubblico è in delirio e l’attore intavola un monologo sull’atavica ribellione del figlio nei confronti dell’autorità del padre. Nell’era del fallimento di un intero metodo educativo e della rinuncia alla forza dei simboli, raccontare del padre Tito, filosofo e “Socialista di Dio” è il pretesto per spaziare da Empedocle a Voltaire, da Pirandello a Sciascia e Pasolini.

La rassegna si conclude con la lauta dialogata de “Il pianto della Madonna” (Donna de Paradiso) di Jacopone Da Todi : “ O figlio, figlio, figlio, figlio amoroso giglio!”.

Infine, la divagazione sull’umana fragilità che, secondo il regista, è assoggettata dal tempo, dalla fortuna e dall’amore. I suoi eroi, che sono anche i nostri, ci interrogano sulle trasformazioni sociali, economiche e culturali che hanno lacerato il nostro Paese negli ultimi 40 anni, indebolendone le basi democratiche.

Era il periodo di “Heroes” di David Bowie, delle musiche leggendarie di Bob Dylan e dei Rolling Stones. E mentre i giovani ascoltavamo questa musica in Italia si preparavano le stragi e succedeva di tutto.

Così, i paladini cantati da Bowie e dagli altri assumono, drammaticamente ed amaramente, le sembianze dei nostri eroi immortali, perché, afferma Aronica rivolgendo lo sguardo alla giovane figlia Viola seduta in platea, “le loro idee cammineranno sulle tue gambe”.

Brillano e convincono i musicisti rockettari della band: Peppe Vita, Roberto Sciarratta, Luigi Gangarossa, Ruben Russo e Vittorio Alessandro; pigiano l’interruttore e scandiscono i tempi. Bella la colonna sonora. Una menzione particolare la riserviamo a Vittorio Alessandro: calda la sua voce e incantevole la versione di “Ho visto Nina volare” di Fabrizio De Andrè.

“Dulcis in fundo” le due eroine dello spettacolo, la bellissima Silvia Frenda, grazie e bellezza che illumina il Pirandello, commuove la sua interpretazione della preghiera di Rosaria Costa ai funerali di Giovanni Falcone e degli uomini della scorta. Spina dorsale dello spettacolo, poi, è la spumeggiante Arianna Vassallo: aiuto regista e corista è una rivelazione.

Efficaci, infine, il suono e le luci di Christian e Pierpaolo Vassallo.

Lo spettacolo stupisce ed emoziona, strappa applausi a scena aperta per la voglia che trasmettono gli artisti di cantare ed esibirsi con professionalità ed ironia.

Diceva Giorgio Strehler: “Io so e non so perché lo faccio il teatro ma so che devo farlo, che devo e voglio farlo facendo entrare nel teatro tutto me stesso, uomo politico e no, civile e no, ideologo, poeta, musicista, attore, pagliaccio, amante, critico, me insomma, con quello che sono e penso di essere e quello che penso e credo sia vita. Poco so, ma quel poco lo dico”.

In “We can be Heroes” Gaetano Aronica dimostra di aver compreso fino in fondo il pensiero del maestro triestino e crea il suo capolavoro teatrale.

Il successo dello spettacolo, infine, sottolinea la corretta strada intrapresa dalla Fondazione Teatro Luigi Pirandello di Agrigento, diretta da Calogero Tirinnocchi, nel campo della produzione teatrale.

Adesso ci auguriamo che “We can be Heroes” diventi un libro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA