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Sotto il cielo di Agata le perfette geometrie di Catania colte dagli scatti aerei di Fabrizio Villa

Di Redazione |

CATANIA – Prendi un drone e dagli un cuore e un’anima. Poi prendi una città che credi di conoscere, e anche bene, e rivoltala come un calzino. Una prospettiva diversa e uno sguardo diverso, sapiente e pieno d’amore per la sua città sono l’essenza di “Sotto il cielo di Agata”, la mostra “aerea” del fotogiornalista Fabrizio Villa inaugurata l’altro ieri a Catania nella Badia di Sant’Agata.

Inserita nel programma ufficiale della festa di Sant’Agata 2020, la mostra permetterà di ammirare, per la prima volta, una selezione delle fotografie che hanno fatto parte dell’audiovisivo omonimo proiettato sulla facciata di Palazzo dei Chierici in piazza Duomo il 28 gennaio 2017. Hanno inaugurato  il rettore della Badia Padre Massimiliano Parisi e il presidente del Comitato per la Festa di Sant’Agata Riccardo Tomasello.

Il cielo della città di Agata, quello sorvolato dal giornalista e fotografo catanese grazie al supporto della Marina Militare, mostra una città incredibilmente geometrica e ordinata: come se il caos, l’intricato e lascivo barocco fossero solo una copertura nata per incuriosire e confondere. Una prospettiva unica, questa del paesaggio urbano catanese rivelato dagli scatti di Villa che quasi confonde, come scrive la prof. Emanuela Abbadessa in uno dei due testi che accompagnano la mostra. Una geometria che si coglie «nel quadrato perfetto di Castello Ursino mai visto immerso in un verde tanto lussureggiante come quello che si gode dal cielo; nei due dei chiostri del Monastero dei Benedettini; in quelli dei cortili dei palazzi che, facendo ala al Duomo, corrono lungo via Vittorio Emanuele o segnano il perimetro di piazza Università (…) Al razionalissimo motivo del quadrato, l’arte di Villa, affianca i cerchi che descrivono circonferenze perfette in questa vitruviana rappresentazione di Bellezza urbana che, nella visione aerea, nascondendo l’espediente barocco dell’orpello, del putto, del ghirigoro, del timpano spezzato e agghindato, emerge fulgida. Lo fa negli emicicli antichi degli anfiteatri cittadini, muti testimoni della storia gloriosa di una città che non dorme mai, incastonati come diamanti nel perimetro dei caseggiati. Ma lo fa anche nella pavimentazione di piazza Duomo, dove la lingua rossa di un trenino di turisti lambisce il liotru … colorando le vite degli uomini scuri nella città di pietre nere».

Una prospettiva dall’alto, questa scelta dal fotogiornalista, che non riguarda solo il patrimonio architettonico catanese, ma indaga anche posti meno “suggestivi”, come il mercato di piazza Carlo Alberto. «Dall’alto – scrive il prof. Enrico Iachello nell’altro testo che accompagna la mostra – si coglie anche la razionalità che governa ’a fera ’o luni. Quel che dal basso sembra un caotico susseguirsi di persone e merci, rivela nella foto aerea il disporsi regolare dei tendoni, la sua razionalità, da cui il vitale resistere a supermercati e centri commerciali, il suo ostinarsi ad essere ancora il ventre della città. Un gran bazar europeo, dove il commercio irregolare si mescola e si nasconde sotto gli ombrelloni lungo i percorsi commerciali sperando di celare così la sua fragile precarietà».

E ancora una sorprendente e allucinata Plaia «in un lido dove gli ombrelloni vuoti ne ribadiscono la marginalità nel panorama urbano».

E naturalmente sotto il cielo c’è anche lei, Agata, percepita come presenza ispiratrice: «Affidandosi alla Patrona- è ancora Iachello – il “popolo” torna padrone della città e ne colma come un fiume in piena la via Etnea dove scorrono e si confondono le molteplici identità locali come in una antica via sacra, dietro il simulacro di Agata invocata da urla vibranti che ne proclamano la devozione».

E c’è anche un – unico – scatto frontale dedicato alla Patrona: «Ritratta frontalmente, ieratica e vittoriosa – nota Abbadessa – la Santa che è donna di ognuno, exemplum pacificatore, cittadina anch’ella e combattente, sorride da un altrove immobile in cui è stata collocata dalla devozione eterna e irrazionale dei Catanesi».

«Ho accettato con gioia – dice Fabrizio Villa, 30 anni e oltre di carriera sulle spalle e sul campo, molti riconoscimenti e docente Nikon – l’invito di padre Massimiliano a esporre alla Badia i miei scatti. Dedico questa mostra al ricordo di mons. Gaetano Zito, prematuramente scomparso qualche mese fa. Un punto di riferimento importante per me: mi è stato sempre accanto come un fratello, come un Maestro. E anche ora è come se fosse qui con me».

La mostra è allestita (coordinamento a cura dell’arch. Elena Ciravolo) al secondo piano della Badia. Le foto punteggiano di colori la grande cantoria della Chiesa; alcune di esse sono in prospettiva verticale. Insomma, come Fabrizio le ha viste da lassù. La mostra rimarrà aperta fino al 16 febbraio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA