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Un progetto tutto catanese per risolvere il problema dell’interazione tra delfini e pescatori

Di Redazione |

La competizione è antica e, anno dopo anno, diventa sempre più dura. Pescatori e delfini mangiano nello stesso piatto, il mare. I primi devono portare a casa la pagnotta, i secondi devono poter procurarsi il cibo. Il problema è quando i delfini prendono come “self service” le reti dei pescatori, distruggendole per nutrirsi del pescato. Una “pratica” che produce effetti negativi sia sull’economia della pesca artigianale che sullo stato di conservazione dei cetacei.

Ecco perché l’associazione catanese Marecamp finanziata dall’organizzazione internazionale Life (Low impact fishers of Europe) che si occupa della tutela dei pescatori a basso impatto ambientale, sta conducendo in queste settimane nel Golfo di Catania uno studio per capire quanto possano “pesare” i rapporti tra cetacei e pescatori artigianali in termini di danno economico dell’attività, soprattutto in un momento in cui le risorse ittiche scarseggiano.

«Finora – spiega Clara Monaco, biologa marina direttrice scientifica del progetto – l’unico metodo per allontanare i delfini dalle reti è stato quello dei dissuasori acustici ma, per quanto di ultima generazione, si è visto che non bastano e che non sono adatti a tutti gli attrezzi di pesca. L’obiettivo della nostra ricerca è mitigare il problema per tutelare sia il pescatore che i delfini e porre le basi per trovare altre soluzioni».

Il modus operandi messo in atto da Marecamp è quello dell’osservazione diretta. «In questo periodo – continua Monaco – usciamo in barca ogni giorno sia con il nostro gommone “sentinella”, sia con operatori a bordo dei pescherecci. L’interazione fra cetacei e pesca artigianale è un problema serio perché questi delfini provocano danni sugli attrezzi di pesca per cui questi poveri pescatori che già praticano un mestiere abbastanza difficile, si ritrovano con dei danni che non vengono loro riconosciuti più di tanto come danni da fauna selvatica. Dato che in tutta Europa c’è una maggiore attenzione per questo tipo di problema, abbiamo pensato anche qui di avviare un percorso per dimostrare innanzitutto che il problema esiste».

Attualmente la Commissione europea ha stanziato dei fondi per riconoscere il danno da fauna selvatica per i pescatori, però in realtà non esiste un vero e proprio bando di selezione che possa valutare effettivamente a quale danno corrisponda un’incursione dei delfini e tantomeno a quale indennizzo in denaro, anche perché è un tipo di danno difficile da dimostrare. «Non è facile dimostrare che sia stato il delfino a bucare la rete – conferma Clara Monaco – oppure una roccia e, quindi, proprio per questo abbiamo pensato intanto alla presenza di osservatori a bordo dei pescherecci che possano verificare l’integrità degli attrezzi prima della battuta di pesca e dopo altrimenti chiunque potrà dire di essere tornato con le reti rotte».

Il team di Marecamp è composto dal capitano del gommone Dario Garofalo; dalla biologa Clara Monaco, e da altri osservatori fra biologi marini e tirocinanti neolaureti, Stefano Floridia, Alessandra Raffa, Gabriele Galasso, Vincenzo Garozzo. La ricerca si avvale anche della collaborazione con Virginia Sciacca e Salvo Viola dell’associazione eConscience – Art of Soundscape, la cui mission riguarda la tutela dell’ambiente attraverso la scoperta dei paesaggi sonori e che nel progetto si occupa di registrare i suoi e studiare le vocalizzazioni dei delfini in interazione con le reti da pesca.Le imbarcazioni coinvolte nel progetto sono dieci: 2 con base ad Aci Trezza, 4 a Catania, 4 a Brucoli, pescano tutte all’interno del Golfo di Catania nel tratto di costa che va da Fiumefreddo a Brucoli. L’indagine territoriale interesserà, infatti, tutta la costa orientale della Sicilia, dalle isole Eolie a Portopalo di Capo Passero. Il progetto si svolge in due fasi, una di monitoraggio in mare e l’altra a terra con le interviste ai pescatori.

«Abbiamo creato una rete di dieci pescatori che fanno riferimento a noi – racconta Monaco – e ogni mattina alle 4 ci comunicano quando escono in mare e quando rientrano. Loro ci segnalano dove sono cosa pescano e se vedono delfini. Noi usciamo con il gommone “sentinella” da Aci Castello (dove c’è attualmente la sede di Marecamp) alle 5.30 e andiamo da un peschereccio all’altro per verificare innanzitutto che siano in mare, che stiano pescando, con quale attrezzature e così via… nel momento in cui qualcuno ci avverte che ci sono i delfini, ci precipitiamo immediatamente per fotografare e fare i video. Di questi 10 pescherecci, tre partecipano al programma dei laboratori galleggianti ospitando a bordo gli osservatori».

Il progetto di Marecamp è piaciuto a Life che lo ha finanziato fornendo anche l’attrezzatura ad hoc, a partire da macchina fotografica e telecamera (anche quelle subacquee), e che lo “esporterà” a Malta e in Spagna. I risultati della ricerca – previsti per la fine di ottobre – arriveranno sul tavolo dei funzionari della Commissione europea per mostrare dati scientifici alla mano quale sia la realtà del problema.

«Abbiamo fatto degli avvistamenti, speriamo di farne di migliori. Secondo vecchie segnalazioni l’estate è un periodo in cui si accentua l’interazione – afferma la dott. Monaco – in realtà, finora, non ne abbiamo visti tantissimi. Con i pescatori li abbiamo visti all’opera una volta sola e altre due quando i delfini si erano già allontanati».Infatti l’obiettivo è beccarli “in flagranza”, diciamo così, e non accontentarsi dei “segnali” del loro passaggio, leggi i buchi nella rete.La questione è simile a quella dei cinghiali che distruggono le coltivazioni invadendo i campi. «Esatto – dice Monaco – però per i danni provocati dai cinghiali sono sempre esistiti gli indennizzi per rimborsare gli agricoltori per i delfini e i pescatori no. Questo è il primo anno in cui la commissione europea ha stanziato i fondi per danni da fauna selvatica inclusi delfini, gabbiani e fauna varia, ma la Regione Siciliana nonostante abbia una misura apposita con 800 milioni di euro non ha ancora fatto uscire un bando. Lo scopo di questo progetto è dimostrare al meglio la problematica ed anche l’intensità del fenomeno, perché una cosa è sentirlo dire ai pescatori nelle interviste, un’altra documentarlo ed arrivare ad una quantificazione reale del danno economico».

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