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Il falegname-allevatore di Frigintini che ha recuperato lo Spino degli Iblei

Di Redazione |

FRIGINTINI (Modica). Il Viggo Mortensen degli Iblei esiste e abita a Frigintini. Moderno Aragorn, non combatte per difendere la Terra di Mezzo, ma per far conoscere un cane che ha rischiato di estinguersi, lo Spino degli Iblei.

Salvo Garofalo, di mestiere fa il falegname, come suo padre, ma la sua passione “parallela” è sempre stata per gli animali, eredità raccolta nelle estati trascorse nella masseria di nonno Orazio, nella piana di Gela. Finita la scuola se ne andava lì ad aiutare il nonno che allevava pecore e vacche ed è lì che si è innamorato dello Spino degli Iblei, lo storico cane pastore siciliano che oggi alleva.

Fra i suoi “gioielli” Talìna un esemplare di cinque anni bianco e nero, che fra pochi giorni gli regalerà una cucciolata (Paride, il papà, le sta al fianco e non la molla un attimo). Molly, invece, è la più schiva, ma anche la più bella, quella che partecipa alla mostre canine. Gli ultimi arrivati due mesi fa sono, Ercole e Bella, due cuccioli “puffosi”, uno nero, l’altra pezzata. «La mia passione per i cani è nata nella masseria di mio nonno. In casa, a Modica, non potevo tenerli e mi sfogavo da lui ogni volta che ci andavamo, Natale, Pasqua, le vacanze estive. Solo quando ho potuto comprare questa casa per la mia famiglia con un terreno, ho preso con me cavalli, capre, e finalmente anche i cani».

Nel 2014 l’incontro rivelatore con Gianni Vullo, esperto del “pastore siciliano” (ha scritto un libro “Obiettivo zootecnico sullo Spino degli Iblei) giudice dell’Enci (Ente nazionale cinofilia italiana), presidente del “Club del pastore siciliano” e, manco a dirlo, principale fautore dell’iscrizione – avvenuta nel 2015 – dello Spino degli Iblei nel registro ufficiale delle razze canine. «Lo “Spino” in Sicilia esiste da secoli – spiega Vullo – però finché non veniva riconosciuto come razza dall’Enci, sarebbe rimasto sempre il cane dei pecorai. Qui lo chiamano “‘u Spinu”, oppure “Spinusu”, ed anche “Barbutu”, perché ha questa faccia cespugliosa, la barbetta e una frangetta arruffata. Per non confonderlo con lo Spinone italiano, che è un cane da caccia, abbiamo deciso di chiamarlo “Spino”, e poiché è tipico del tavolato ibleo abbiamo voluto tipicizzare la razza chiamandolo “Spino degli Iblei”». Perché valeva la pena fare questo lavoro di recupero è presto detto. «Sono cani da guardiania – dice Garofalo – che non hanno istinto predatorio, hanno un grande attaccamento per gli animali, non li azzannano, non li infastidiscono, non si allontanano, come fanno altri tipi di cani da pastore. Possono stare anche con i bambini tant’è che sono stati utilizzati per fare pet therapy negli ospedali di Ispica e Ragusa».

L’obiettivo del “Club del pastore Siciliano”, è fare conoscere lo “Spino degli Iblei”, «se si fa richiesta noi li diamo gratuitamente» – e divulgare questa razza. Oggi gli Spini degli Iblei registrati sono circa 400 di cui 300 in Sicilia e, di questi, 150 appartengono a soci del Club. A questi bisogna aggiungere i cani censiti ma non iscritti (quelli in mano ai pastori), altri 500 circa.Uno Spino degli Iblei adulto pesa mediamente 40/50 kg (il maschio) e 35/45 kg (la femmina). Il prossimo progetto sarà dedicarsi ad un nuovo tipo di Spino, lo “Spinotto”, praticamente un cane in miniatura che dovrebbe pesare, da adulto, non più di 5/6 kg. Per lo Spino degli Iblei sarebbe la consacrazione, considerato che un cane più piccolo potrebbe stare anche a casa e, quindi, allontanare definitivamente questa razza dal suo ruolo “storico”, così com’è avvenuto per altri cani “pastori” più noti.

«Se non siamo noi a portarlo avanti – sostiene Garofalo – la gente continuerà a prendere “maremmani” e “pastori del Caucaso”. Negli ultimi 20 anni ne sono arrivati molti, si sono incrociati e lo Spino si stava estinguendo, lo abbiamo preso per i capelli». «Quando giravo negli Anni Ottanta per gli ovili – conferma Vullo – i nostri pastori avevano anche fra i 10 e i 15 Spini ciascuno. Ci sono ritornato dopo 20 anni e, al massimo, nelle stesse “mannere” di Spino ce n’era uno solo, la popolazione si era ridotta drasticamente. La moda dell’esterofilia ha fatto il resto. Ora vogliono tutti tornare alla razza autoctona. Molti pastori hanno notato che con i pastori del Caucaso perdevano molti capi, perché questo tipo di cane seguiva le pecore ma essendo di grossa mole, ad un certo punto si fermava ed arrivava la volpe. Lo Spino, invece, non si ferma mai e i pastori, adesso, voglio avere i cuccioli: hanno capito con l’esperienza che gli altri cani non funzionano».

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