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Teatro, “Marionette, che passione!”: amore e tradimento per Rosso di San Secondo

Di Redazione |

Catania – Guardano il confine come a un orizzonte di libertà. Considerano il limite come una sfida a generare prospettive divergenti. Cresciuti nel segno dell’impermanenza delle due grandi città dello Stretto, Messina e Reggio – a turno punto di partenza e approdo -, Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo, attori, autori e registi, in coppia nella vita e sulla scena, da oltre un decennio sono titolari di una poetica teatrale di marca beckettiana tra le più accreditate nel panorama nazionale. Con un ricco repertorio che comprende i loro testi così come gli studi sui classici teatrali, filosofici e letterari – si pensi a quelli su Leopardi, Platone e Kantor – i due artisti, celebrati dalla critica più autorevole, tornano in Sicilia con un progetto per conto dello Stabile di Catania che li vedrà al Castello Ursino, da ieri sera, 6 luglio, alle 21.15 e fino al 18 luglio, con “Marionette, che passione!”, il capolavoro del giornalista e drammaturgo nisseno Pier Luigi Rosso di San Secondo.

In linea con la stagione estiva dello Stabile etneo, che intende valorizzare le drammaturgie dell’Isola e i talenti siciliani, al duo Minasi-Carullo, nella doppia veste di registi e interpreti, si affiancano gli attori Gianluca Cesale, Manuela Ventura, Alessandra Fazzino, Ciccio Natoli, legati a realtà artistiche di risonanza internazionale, come quella della palermitana Emma Dante, o come quella dei messinesi Spiro Scimone e Francesco Sframeli. «È una grande occasione collaborare con un ente pubblico che, nella persona di Laura Sicignano, direttore artistico dello Stabile, sceglie di scommettere su artisti più conosciuti da Roma in su che nell’Isola – spiega Cristiana Minasi – Lavorando su Rosso di San Secondo, abbiamo scoperto un autore affine alla nostra poetica, negli aspetti essenziali, scarni, astratti, vicini alla “sospensione” simbolica e metafisica beckettiana. Al tempo stesso, abbiamo ritrovato elementi pirandelliani legati al tema del “teatro nel teatro” e della maschera, cioè dell’apparire».

Sulla scena sei attori rappresentano le molteplici sfaccettature del dramma della gelosia di tre personaggi chiusi in una sofferenza amorosa dalla quale fanno solo finta di voler uscire con soluzioni che si rivelano assurde e grottesche. «C’è la metafora della Sicilia che si affanna nella volontà di amare a tutti i costi le sue contraddizioni. C’è una cognizione del dolore di ciascuno e l’impossibilità di uscirne. Pensiamo di poter gestire le pulsioni, ma in realtà siamo vittime delle pulsioni medesime. Rosso di San Secondo parla di amore e di tradimento, ma la questione è estensibile a ogni passione da cui siamo lacerati e da cui appare impossibile liberarsi». Incline al gioco filosofico e al divertimento pensante, che scompone e sviscera la condizione di una umanità smarrita dietro i luoghi comuni, la coppia Carullo-Minasi rilegge l’autore siciliano in una chiave ironica e dissacrante, puntando soprattutto sulla relazione degli attori con gli elementi scenici, in linea con la poetica del teatro miniaturizzato, una sorta di microcosmo esistenziale con le istruzioni per l’uso.

«Qui, più che lavorare con le dimensioni degli oggetti – conclude – utilizziamo alcuni elementi di scena per identificare in modo ipertrofico il singolo personaggio. Il divertimento nasce da un gioco al massacro che ingabbia i personaggi nel loro dramma individuale. E ci viene in soccorso il linguaggio del clown, la malinconia, il tragicomico, la reiterazione del gesto che non conduce agli effetti desiderati».Legati alla necessità di nutrire la fantasia per liberarla dalle sovrastrutture, i due artisti giocano con la dialettica della trasformazione. «In qualche modo è nel nostro Dna – ribatte Carullo – Quello degli isolani della costa, sempre a contatto con l’impermanenza del mare. Niente è più creativo dell’acqua. Siamo felici in questo progetto di avere accanto artisti straordinari con esperienze molto qualificate. Abbiamo sfoltito la lingua di Rosso di San Secondo rispetto a certe forme desuete. Rimane tuttavia la cifra sorprendentemente moderna di un autore che esprime le dissonanze dell’uomo contemporaneo».

Foto di Antonio ParrinelloCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA