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Morimoto, dodici anni fa l’arrivo a Catania: «Che gioia quel gol al Palermo»

Di Redazione |

“Katānia o kyōsei suru”. Dal Giapponese in Italiano si traduce in “Forza Catania”, più o meno. Chi si rivede… Takayuki Morimoto, potenza dei social, ci spedisce un incoraggiamento per i rossazzurri. Sul suo profilo la foto di copertina lo ritrae con la maglia del Catania e il ragazzino che ribattezzammo “Il Ronaldo del Sol Levante” dodici anni dopo il suo esordio italiano non ha mai dimenticato la Sicilia, il Massimino, Zio Pietro e i compagni di squadra.

Pochi minuti di messaggi e si riapre un mondo che sembra lontano, tanto quanto la distanza tra Catania e Tokio: «Guardo sempre Catania – accenna l’ex attaccante rossazzurro – è terzo vero?».

Purtroppo sì, caro Taka. E lui incalza: «E’ tornato direttore Lo Monaco». E sui compagni d’un tempo: «Ogni tanto sento Biagianti, ci messaggiamo su Whatsapp. E molti altri ancora sai? Augustin, Peppe Bellusci. Peppe è andato al Palermo (e ride, Taka…ndr)».

Morimoto, oggi trentenne, ha segnato la storia del Catania. Il primo giapponese in rossazzurro fece scalpore nell’estate del 2006. La squadra, appena tornata in A, si inventò un ritiro all’estero, in Austria. Feldkirchen, in bassa Carinzia, il 27 luglio diventò il centro del Mondo.

Morimoto venne presentato alla stampa e al suo seguito, arrivarono – con una carovana di auto disciplinatamente in fila (nessuno strombazzava come si fa nel traffico della city) – per filmare e raccontare la prima giornata del diciottenne prelevato dal Tokio Verdy. Morimoto nel pomeriggio giocò dieci minuti di amichevole contro lo stesso Feldkirchen. Tanto bastò per infiammare chi in Sicilia seguiva il ritiro a distanza e chi era lì, testimone dei primi vagiti della squadra allenata da Pasquale Marino.

Nacque lì, il fenomeno Morimoto. La prima sera, la squadra andò a cena in un ristorante italiano distante una ventina di minuti e gestito da due tifosi catanesi di stanza in Austria. A presentarci furono Angelo Sciuto, vice di Marino, e un Fabio Caserta che faceva il finto serio. Invece, avevano già preso di mira Taka insegnandogli un saluto che, in realtà, era una parolaccia irripetibile.

Morimoto si inchinò, e ci insultò senza saperlo. Quando intuì che gli avevano fatto fare il primo figurone made in Catania, diventò di un rosso porpora. E impiegammo una decina di minuti per fargli capire che, in fondo, non era successo nulla di grave.

Nel 2007, primo anno in Serie A, Taka – che nel Tokio Verdy era stato il più giovane giocatore a esordire in JLeague, ad appena 16 anni – stabilì un altro record personale. A Bergamo, schierato in Atalanta-Catania nel finale, era il minuto 83, segnò la rete dell’1-1 dopo quattro minuti: «Un momento che non dimenticherò mai», ammette ancora oggi. Ma se si parla di gol importanti, Taka si fa serio.

E’ di poche parole, ma di grande sostanza, Morimoto: «Se devo ricordare il gol più bello, dico quello di Palermo. Vincemmo 4-0 e fu una giornata indimenticabile per me, per la squadra, per i tifosi soprattutto. L’allenatore era Zenga e quel successo diventò storico».

Poi c’è la doppietta alla Roma, un altro gol ai giallorossi, il gol in Coppa all’Udinese: «Ricordo l’affetto dei tifosi, minch… sono passati dodici anni, ma Catania la ricordo con affetto».

In ritiro arrivavano i cronisti giapponesi, lo tampinavano in maniera educata, nulla a che vedere con i giornalisti di casa nostra. In Umbria, gestione Zenga, una collega aspettò cinque giorni senza protestare pur di porgergli un paio di domande e completare il suo reportage. Kamio restò l’ultimo higlander, seguì Morimoto fino all’ultimo istante in rossazzurro datato 2013, momento del passaggio all’Al Nasr di Zenga e di Mascara (28 partite, 10 reti).

Oggi Morimoto, dopo aver vinto il titolo nazionale nel suo Paese nel 2017 con il Kawasaki Frontale, gioca nell’Avispa Fukuoka, in Seconda Divisione con un allenatore italiano, Fabio Pecchia, ex Napoli e Juve e ha già segnato 6 gol. Nel tempo libero alleva coleotteri: «Lo faccio per relax una iniziativa sociale» scrive.

A Catania chi lo ha vissuto come amico o compagno di squadra ricorda mille aneddoti. Spinesi in ritiro lo legava con il nastro isolante come un salame e Taka stava allo scherzo e rideva di gusto. Oggi nella sua bacheca, su Instagram, Morimoto ha la foto di Spinesi e la foto della maglia che il «Gabbiano» gli ha autografato con dedica. Prima di cominciare ogni partita, Morimoto riceveva l’abbraccio del fisioterapista Giuseppe Dispinzieri che gli toccava la testa a mo’ di scaramanzia e Taka ribatteva: «Peppe, oggi vinciamo». Capitava spesso.

Con Mascara e Zenga, Morimoto ha vissuto l’avventura a Dubai con l’Al Nasr: «Come calciatore era forte, aveva un senso del gol innato – ricorda Mascara – come persona era divertente ma anche di un’educazione esemplare, di ben altra cultura». L’8 febbraio un amico tifoso del Catania gli ha spedito il suo gol all’Udinese, nel finale, che è valso il passaggio in semifinale: «Sono impazzito, il massimo. Bellissimo, ma sono passati 12 anni». E giù l’intercalare poco «giap» che s’è portato dietro come goliardica abitudine.

Il Catania calcio ha ospitato il mondo: gambiani, norvegesi, ghanesi, soprattutto argentini. Ma il giapponesino che faceva gol e incantava il Massimino è rimasto nel cuore di tutti. Un simbolo degli anni felici.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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