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Coronavirus, Italia secondo Paese dopo Cina per numero di morti

Di Redazione |

ROMA – Con 133 morti in un solo giorno – le 24 ore più drammatiche finora – l’Italia fa segnare ora un bilancio di 366 vittime per coronavirus e diventa il secondo Paese in cui l’infezione uccide di più, dietro gli oltre 3 mila morti della Cina, ma davanti ai 194 dell’Iran (dati John Hopkins University). L’impennata nel numero dei morti – il giorno precedente erano stati 36 in più – è determinata in larghissima parte dalla situazione limite della Lombardia, che ha fatto registrare 113 decessi in una sola giornata. La malattia fa il suo decorso, spiegano gli esperti, e ora quasi il 5 per cento delle persone che si ammalano muore.

Impressiona anche il dato dei malati, che sono arrivati a 6.387, con un incremento di 1.326 persone rispetto a ieri. I casi totali – compresi morti e guariti – sono 7.375. Per numero di contagiati l’Italia è al quarto posto dopo Cina, Corea del Sud e Iran, sempre secondo la John Hopkins University. Finora sono guarite in tutto 622 persone, 33 più di ieri. Aumentano intanto anche i pazienti ricoverati in terapia intensiva – il fronte più delicato -: sono ora 650, 83 in più rispetto a ieri. La Lombardia ne conta ben 399,con un incremento di 40 in un solo giorno, per una situazione dei reparti al collasso che ha portato ai primi 13 trasferimenti dalla regione in quelle limitrofe. Distanziata al secondo posto per numero di ricoveri in terapia intensiva l’Emilia Romagna con 75 pazienti, quindi il Veneto con 47 e il Piemonte con 45.

In dettaglio le vittime sono 267 in Lombardia (113 in più di ieri), 56 in Emilia Romagna (+8), 18 in Veneto (+5), 7 nelle Marche (+1), 5 in Piemonte, 6 in Liguria (+2), 3 in Puglia (+1), 3 nel Lazio (+2) e uno in Friuli Venezia Giulia. Dai dati della Protezione Civile emerge che i malati delle regioni più colpite sono 3.372 in Lombardia, 1.097 in Emilia-Romagna, 623 in Veneto, 355 in Piemonte, 265 nelle Marche, 165 in Toscana. Nella fascia d’età delle vittime di coronavirus, «non ci sono variazioni significative, si tratta sempre di pazienti piuttosto anziani – osserva Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità -, il 60% ultraottantenni, la quasi totalità sopra i 70 anni, con presenza di più patologie croniche, ma che rispetto alla loro fascia d’età hanno una mortalità più bassa rispetto ai dati disponibili, quelli cinesi». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA