Finti diplomi e lauree, dieci misure cautelari

Di Redazione / 07 Aprile 2022

REGGIO CALABRIA, 07 APR – Un finto centro di
formazione, con base in provincia di Reggio Calabria e sedi in
altre parti d’Italia, che rilasciava falsi diplomi che poi non
venivano riconosciuti dalle istituzioni. A scoprirlo sono stati
i finanzieri del Comando provinciale e gli agenti della Polizia
metropolitana di Reggio che hanno eseguito un’ordinanza di
custodia cautelare nei confronti di dieci persone emessa dal Gip
su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni
Bombardieri e dei suoi pm per il reato di associazione a
delinquere finalizzata alla commissione di truffe, falsi e
autoriciclaggio. Nell’operazione, denominata “Lucignolo”, tre
donne di Condofuri, madre e due figlie, sono state portate in
carcere; ad altri cinque indagati, residenti nella Locride, a
Roma, Trani, Terracina e Rho, il gip ha concesso il beneficio
degli arresti domiciliari mentre per altri due, uno di Locri e
uno di Ribera, in provincia di Agrigento, è stato disposto
l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.
Gli inquirenti avrebbero fatto luce su una sorta di
“diplomificio”. Gli accertamenti avrebbero consentito alla
Procura di delineare l’esistenza e l’operatività del sodalizio
criminale dietro la parvenza di un finto centro di formazione
internazionale, falsamente riconosciuto e convenzionato con enti
pubblici ed università italiane e straniere. Per i pm si tratta
di un’associazione, stabile e strutturata, attiva fin dal 2016
che sarebbe riuscita ad accumulare proventi per milioni di euro,
raggirando decine e decine di vittime. L’inchiesta è partita
dalle denunce di persone truffate che avevano frequentato alcuni
corsi ma i cui titoli non erano stati ritenuti validi
nell’ambito di procedure valutative del personale nelle
pubbliche amministrazioni. Stando agli accertamenti di Finanza e
Polizia metropolitana, gli indagati erano in grado di fornire
diplomi di laurea di università straniere con la relativa
omologazione, ma anche diplomi di università italiane
telematiche, certificati di conoscenza della lingua inglese e
abilitazioni all’attività didattica. Per i pm, però, era tutto
falso. Inoltre, in alcuni casi, i titoli erano rilasciati senza
la frequenza di alcun corso o il superamento di alcun esame.

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