Giallo nel carcere di Prato: detenuto trovato morto in cella di isolamento. La Procura: «Escluso il suicidio»
La vittima è un romeno di 58 anni. Ma nella struttura è allarme sicurezza. A luglio trovati 44 cellulari
Carcere Prato Dogaia
Ancora una morte dietro le sbarre del carcere La Dogaia di Prato, ma questa volta potrebbe non essere un suicidio. Questa mattina, intorno alle 7, il corpo senza vita di un detenuto romeno di 58 anni è stato ritrovato nella sua cella nella sezione di isolamento. Le circostanze del decesso sono tutt'altro che chiare: la Procura di Prato ha aperto un’inchiesta anche per l’ipotesi di omicidio.
A chiarire la direzione dell’indagine è stato il procuratore Luca Tescaroli, che in una nota ufficiale ha escluso al momento l’ipotesi del suicidio. «All’interno della cella - scrive Tescaroli - non sono stati rinvenuti strumenti come corde o lacci che possano far pensare a un gesto volontario». Un dettaglio che, unito a una serie di anomalie emerse in queste ore, alimenta l’ipotesi che qualcuno possa aver raggiunto il detenuto nonostante si trovasse isolato.
Il 58enne, detenuto con fine pena fissata al 24 febbraio 2026, stava scontando una sanzione disciplinare a seguito della rivolta scoppiata lo scorso 5 luglio, durante la quale alcuni carcerati avevano fatto uso di armi rudimentali. L’uomo, con diversi precedenti per reati gravi tra cui violenza sessuale, minacce e lesioni personali, era stato individuato come uno dei promotori della sommossa.
Il carcere di Prato torna così sotto i riflettori, non solo per l’episodio di oggi, ma per un quadro generale sempre più critico. Il procuratore Tescaroli parla apertamente di «un preoccupante ricorso alla violenza da parte di detenuti in pregiudizio di altri» e di estrema facilità di movimento anche nella sezione di isolamento». Parole che non lasciano spazio a equivoci e confermano l'allarme sicurezza all’interno della struttura.
Nel frattempo, la Procura ha disposto l’autopsia e l’analisi delle immagini delle telecamere interne per ricostruire quanto accaduto nelle ore precedenti al decesso del 58enne romeno. Resta da capire se qualcuno sia riuscito a entrare nella cella o se il detenuto possa essere stato aggredito in precedenza.
Intanto, all’interno della Dogaia si continua a registrare un flusso costante di sostanze stupefacenti e dispositivi proibiti. Solo nella serata di giovedì 17 luglio sono stati sequestrati 5 grammi di hashish nella cella 198 dell’ottava sezione. Dall’inizio di luglio, i telefoni cellulari sequestrati sono saliti a 44, segno che il controllo sugli ingressi è tutt'altro che efficace, spiega la Procura.
A rendere la situazione ancora più grave è l’assenza, da mesi, di una direzione stabile dell’istituto penitenziario. Il carcere, che attualmente ospita 574 detenuti - metà dei quali stranieri - è in evidente sofferenza: mancano circa 90 agenti rispetto all’organico previsto, con 270 agenti penitenziari costretti a coprire turni estenuanti.
L’indagine della Procura sul carcere della Dogaia è in continua evoluzione. Nelle ultime settimane sono finiti sotto inchiesta sia numerosi detenuti che diversi agenti della polizia penitenziaria. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire con precisione le relazioni tra i carcerati e il personale, oltre ai meccanismi di controllo all’interno della struttura e nelle aree esterne.
Tra gli episodi più eclatanti emersi di recente, spicca un video trasmesso in diretta da un detenuto sui social, nel quale interagiva con gli utenti tramite messaggi. Inoltre, è stato individuato un luogo utilizzato per nascondere droga destinata ai reclusi: si tratta di un’abitazione della Diocesi (estranea alle indagini) situata a Narnali, concessa a detenuti con permessi premio o prossimi alla fine della pena, che possono così contare su un punto d’appoggio temporaneo durante la permanenza fuori dal carcere.