Il dolore del Papa per i migranti in mare: «Perchè non li lasciano sbarcare!»

Di Fausto Gasparroni / 23 Gennaio 2022

«Quanto dolore sentiamo nel vedere i nostri fratelli e sorelle morire sul mare perché non li lasciano sbarcare! E questo, alcuni lo fanno in nome di Dio». Esprime sofferenza e sconcerto papa Francesco nel sottolineare la tragedia delle stragi di migranti durante la messa nella Domenica della Parola di Dio: una parola, dice nell’omelia, che "ci mette in crisi. Non ci lascia tranquilli, se a pagare il prezzo di questa tranquillità è un mondo lacerato dall’ingiustizia e dalla fame, e a farne le spese sono sempre i più deboli. Sempre pagano i più deboli». 

E le sue considerazioni sui naufragi nel Mediterraneo giungono mentre altri arrivi si susseguono in Sicilia: 58 migranti, che erano stati salvati dalla nave ong Louise Michel, sono sbarcati a Lampedusa, assegnata quale porto sicuro; a Pozzallo è attraccata, proveniente da Lampedusa, la nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans con a bordo 70 migranti; ed è in navigazione verso Nord la nave Geo Barents di Medici senza frontiere che ha tratto in salvo 439 migranti in sei operazioni di soccorso al largo delle coste libiche. Intanto, è in corso dall’hotspot di contrada Imbriacola di Lampedusa il trasferimento, a gruppi, di 400 migranti ospiti verso cala Pisana dove è ancorata la nave quarantena Azzurra. Nella struttura sullì'isola rimarranno circa 300 ospiti. 

Nella messa in San Pietro, in cui per la prima volta celebra il rito di conferimento del ministero di lettore (a sei laiche e laici da varie parti d’Italia e da Corea, Pakistan e Ghana) e di catechista (a otto laiche e laici dall’Amazzonia peruviana, dal Brasile, Italia, Ghana, Polonia e Spagna), il Papa chiede di rimettere «la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa. Ascoltiamola, preghiamola, mettiamola in pratica», avvertendo che essa «non ci astrae dalla vita, ma ci immette nella vita, nelle situazioni di tutti i giorni, nell’ascolto delle sofferenze dei fratelli, del grido dei poveri, delle violenze e delle ingiustizie che feriscono la società e il pianeta, per non essere cristiani indifferenti, ma operosi, creativi, profetici». 
 Il Pontefice punta anche il dito contro «le tentazioni della rigidità» nella Chiesa, definendola «una perversione», che porta all’"idolatria». «Quando noi vedremo proposte rigide, di rigidità, pensiamo subito: questo è un idolo, non è Dio. Il nostro Dio non è così – ammonisce -. La Parola di Dio ci cambia, la rigidità non ci cambia, ci nasconde». 

E all’Angelus boccia apertamente le prediche e gli insegnamenti che «rimangono generici, astratti, non toccano l'anima e la vita della gente». «Anche tante omelie – lo dico con rispetto ma con dolore – sono astratte, e invece di svegliare l’anima l’addormentano. Quando i fedeli incominciano a guardare l’orologio – 'quando finirà questo?' – addormentano l’anima», osserva Francesco. Ma soprattutto, esprimendo la sua «preoccupazione» per "l'aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina» e «mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste», lancia «un accorato appello a tutte le persone di buona volontà, perché elevino preghiere a Dio onnipotente, affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte». «Per questo e con preoccupazione – annuncia il Papa -, viste le tensioni attuali, propongo che mercoledì prossimo 26 gennaio sia una giornata di preghiera per la pace». 
 

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Carmela Marino
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