Il Regno Unito: «Pronti a riconoscere la Palestina». Cresce il pressing su Meloni
Il premier inglese Starmer ha annunciato la svolta. Tajani prudente
Dopo l’annuncio del premier britannico Keir Starmer cresce il fronte europeo dei Paesi che riconoscono lo Stato di Palestina e conseguentemente cresce la pressione sull'Italia perché faccia altrettanto. L’opposizione coglie al volo l’occasione dell’annuncio della Gran Bretagna - storico alleato degli Usa - per partire all’attacco: «Dopo la Francia, un altro grande paese occidentale, la Gran Bretagna, si appresta a riconoscere la Palestina. Scelte che fanno la differenza, che consentono di riallacciare i fili con il mondo arabo, di riconoscere un contesto dove il diritto internazionale, il diritto alla sovranità e all’autodeterminazione conta. Meloni che aspetta?», chiede il Pd con la capogruppo alla Camera Chiara Braga. Ma anche i Cinque stelle e Avs sono sulla stessa linea.
In serata per il governo interviene il ministro degli Esteri Tajani che ripropone la posizione dell’Italia: «Uno stato deve avere un popolo e una unità territoriale, che adesso non c'è. Non sono contrario al riconoscimento dello stato palestinese, ma bisogna che ci sia uno stato palestinese. Certamente - spiega il titolare della Farnesina - non voglio riconoscere Hamas, che è una organizzazione terroristica». Per poi aggiungere: «La prima cosa da fare è impedire che la Cisgiordania, come dicono alcuni ministri del governo israeliano, venga fagocitata».
Il governo era sotto pressione da alcuni giorni, cioè da quando Emmanuel Macron aveva rotto il ghiaccio annunciando, primo tra i Paesi del G7, che la Francia avrebbe riconosciuto la Palestina a settembre, stessa data indicata da Starmer quasi a indicare un gioco di squadra tra Parigi e Londra. In quell'occasione la premier Giorgia Meloni aveva definito la mossa di Macron «controproducente» spiegando che «se qualcosa che non esiste viene riconosciuto sulla carta, il problema rischia di sembrare risolto, quando non lo è».
A rendere l’argomento diplomaticamente delicato si è aggiunta la Santa Sede che, nei giorni scorsi, attraverso il segretario di Stato Pietro Parolin, aveva replicato alle osservazioni della premier con queste parole: «Non è prematuro, noi lo abbiamo già fatto». La posizione espressa dal cardinal Parolin mette in evidenza la differenza di vedute tra la Santa sede il governo italiano che sostiene come uno Stato palestinese vada prima costruito, e soprattutto attraverso un mutuo riconoscimento di Israele.
Che il fronte dei Paesi europei stia crescendo è evidente, basti pensare che l’anno scorso, Irlanda, Norvegia e Spagna avevano rotto gli indugi con il riconoscimento. Inoltre in queste ultime settimane l’intesa politica tra Francia, Germania e Gran Bretagna sembra cementarsi di giorno in giorno. Il laburista Starmer, rientrato a vele spiegate nelle dinamiche internazionali dell’Unione europea, aveva annunciato, attraverso il suo portavoce, che i tre Paesi stanno lavorando insieme a un piano per aiuti immediati a Gaza con l’obiettivo più ampio di costruire un «percorso di pace» che ponga le basi alla soluzione dei «due Stati». Poi è intervenuto direttamente il cancelliere tedesco Friedrich Merz per annunciare una missione congiunta dei tre Paesi in Israele: «Chiederemo ai ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania di recarsi insieme in Israele giovedì della prossima settimana e di presentare la posizione dei tre governi». Un attivismo congiunto impensabile fino a poche settimane fa e che mostra l’assenza dell’Italia.