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LA FRANA

Ischia, il racconto della famiglia che abitava nella casa sul baratro: «Ci siamo abbracciati e abbiamo aspettato i soccorsi»

Di Lorenzo Attianese |

La sua villetta bianca a due piani adesso sembra sospesa in un paesaggio sfigurato dal fango, che davanti ha lasciato il baratro. Lui, abbracciato a sua moglie e ai tre figli, ha aspettato i soccorsi con la terra che franava e assottigliava man mano lo spazio sotto i loro piedi. «E' stato surreale, sembrava un film, davanti a me non c'era più nulla», racconta Enzo Botta, il quale da anni vive in quel posto a Casamicciola, che all’alba di sabato scorso lo ha lasciato in bilico, tra la voragine e la sopravvivenza. La foto della casa, rimasta intatta nonostante il terrazzamento del monte Epomeo non ci sia più, è diventata il simbolo della tragedia di Ischia: la boscaglia interrotta dal cemento edilizio, con il fango che si ribella. 

«Alle cinque e un quarto ero già in piedi preoccupato per il maltempo – racconta Botta – era andata via la corrente e solo dopo ho cominciato a sentire un rumore che gradualmente aumentava, così ho chiamato tutti e gli ho detto di scendere nel viale o almeno in quel poco che restava del viale». Sua moglie e i tre figli di 12, 21 e 24 anni si sono preparati in fretta e sono tutti usciti da casa in pochi minuti mentre lui allertava le forze dell’ordine: «veniteci a prendere, qui frana tutto». I carabinieri si sono subito attivati, «ma i soccorsi erano difficili e non riuscivano a raggiungerci». Botta e la sua famiglia hanno aspettato per due ore sotto la pioggia incessante mente intanto il fiume di melma si ingrossava spaventosamente davanti ai loro occhi e la terra attorno si consumava, lavata via dall’acqua, creando uno strapiombo. 

«Ci siamo stretti restando uniti, intanto vedevo il vuoto attorno a me». Ora che sono tutti in salvo, accolti in hotel con tutti gli altri cento sfollati, Botta pensa al futuro e spera di tornare appena sarà possibile nella sua casa che – dice fiero – «ha costruito con tanti sacrifici». E guai a parlare di condoni e abusivismo con lui: «È tutto in regola», taglia corto. 

 A ricordare che quello di Enzo Botta non è l’unico caso, è il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale: «In tutta questa drammatica vicenda – dice – si guarda solo ad una foto, quella di una casa pericolante dove intorno non c'è terreno. Ma ce ne sono altre quattordici così». Eppure nonostante i morti, a paura, quel monte dove il fango ha strappato gli alberi e i tanti edifici spazzati vai c'è chi ha esitato a lasciare le case pericolanti, anzi che non avrebbe voluto andarsene. Si tratta soprattutto di anziani che non riescono a spostarsi facilmente, di chi in quelle case custodisce tutto ciò che ha. Molti ora sono sistemati in un albergo della zona, altri – una sessantina – almeno per queste ore hanno trovato accoglienza in casa di amici e parenti. «Non possono tornare, devono farlo per proteggersi, lì è pericoloso», avverte Pascale, cercando di spiegargli che adesso, per loro, le quattro mura di casa sono una trappola senza più via di ritorno. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA