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Madre Rocchelli, c’è verità giudiziaria, ma serve sanzione

Oggi all'audizione alla Camera su morte fotografo nel Donbass

Di Redazione |

TRIESTE, 03 LUG – “Sappiamo molto, quasi tutto di quanto è successo in quel pomeriggio del 24 maggio 2014, abbiamo una verità giudiziaria. Manca invece ancora il riconoscimento e la sanzione” per i colpevoli delll’attacco a fuoco lanciato dalle forze armate ucraine “contro fotografi e giornalisti inermi”. Lo ha detto oggi al Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, istituito presso la Commissione Esteri della Camera, Elisa Signori, madre di Andy Rocchelli, il giovane fotoreporter ucciso a colpi di mortaio nel 2014 in Donbass, mentre stava effettuando un servizio sulle sofferenze della popolazione locale. Con lui venne ucciso anche l’attivista russo per i diritti umani Andrei Mironov e venne ferito il fotografo francese William Roguelon. La questione dell’uccisione di Rocchelli e Mironov rimane di forte attualità, ha ricordato Signori, in particolare in un contesto di crescenti attacchi ai giornalisti in zone di guerra, anche nella Striscia di Gaza. Signori ha anche criticato l’atteggiamento “auto-assolutorio” tenuto dalle autorità ucraine durante i procedimenti giudiziari per il caso Rocchelli. “L’impunità va combattuta”, ha sottolineato poi Signori e “le autorità italiane devono esigere verità e giustizia” da Kiev sul caso Rocchelli, è stato l’appello della madre di Andy. “Noi la verità l’abbiamo, ma non c’è la giustizia”, ha detto da parte sua il padre, Rino Rocchelli. La magistratura italiana ha esaminato il caso Rocchelli in un processo in tre gradi a carico di un miliziano della guardia nazionale ucraina, Vitaly Markiv. Dopo una condanna a 24 anni comminata in primo grado, la Corte d’appello ha concluso con un’assoluzione per un vizio di forma relativo ad alcune testimonianze nel processo di primo grado e la Cassazione ha confermato tale conclusione. Ma le stesse motivazioni del primo e secondo grado di giudizio sono state concordi nell’indicare che si è trattato di un “crimine di guerra” con responsabilità nell’esercito e nella guardia nazionale ucraina i responsabili dell’uccisione, ha ricordato la presidente del Comitato, Laura Boldrini.

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