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‘Devi morire, non meriti amore’, assolto stalker agorafobico

Processo a Roma, per giudice non c'è prova persecuzione alla ex

Di Redazione |

FIRENZE, 16 GIU – Assolto, anche perché affetto da ‘agorafobia’, la patologia psicologica che non fa uscire di casa e fa rifuggire dai luoghi pubblici, lo stalker fiorentino di 43 anni accusato di persecuzioni verso la ex fidanzata di Roma alla quale per due anni ha inviato messaggi tipo ‘Non meriti amore, devi morire o passare il resto dei tuoi giorni sola come un cane o in un letto di ospedale”. Il processo, in rito abbreviato, c’è stato oggi al tribunale di Roma dove il giudice Angelo Giannetti ha mandato innocente lo stalker con formula piena ‘perché il fatto non sussiste’. Nella vicenda il 43enne era accusato di aver perseguitato la ex non solo con messaggi tali da indurla in stato di ansia e di timore per la sua incolumità, ma anche “mostrandosi geloso e possessivo, accusandola falsamente di averlo tradito”, usava social per minacciarla di andare sotto la sua casa per “vendicarsi” e per minacciare di morte pure il nuovo compagno di lei. Al processo gli avvocati del 43enne, Fabio Generini e Francesco Stefani, hanno portato indagini difensive tra cui risulta che da circa cinque anni il loro assistito è seguito dal centro di salute mentale della Asl di Firenze per ‘agorafobia’, una condizione per cui trascorre molto tempo in casa e ha ridotto al massimo i rapporti sociali. La patologia, riconosciuta pure in una reazione psichiatrica di un consulente della difesa, è tale da impedirgli – hanno sostenuto i difensori – di avere relazioni sociali e tanto meno di essere in grado di raggiungere Roma per fare stalking alla ex. Inoltre gli stessi legali hanno sostenuto che non c’era persecuzione verso la ragazza di Roma, sottolineando, rispetto agli argomenti dell’accusa, che lei non ha mai cambiato abitudini di vita. “Con ampia attività di indagine difensiva – affermano gli avvocati Fabio Generini e Francesco Stefani – abbiamo dimostrato l’insussistenza delle accuse che aveva mosso la procura al nostro assistito, basandosi su denunce della persona offesa che avevano inizialmente portato anche all’adozione da parte del gip di Roma di una misura cautelare nei confronti del nostro assistito”. Misura di divieto di avvicinamento che il “giudice, emettendo la sentenza di assoluzione, ha revocato”.

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