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Niente minigonne a scuola «perché ai prof cade l’occhio»: protesta in un liceo romano

Di Redazione |

ROMA – Niente minigonna, altrimenti ai prof e ai compagni «cade l’occhio»: il rimbrotto della vicepreside del liceo Socrate, nel quartiere Garbatella di Roma è apparso discriminatorio alle studentesse che hanno risposto presentandosi in massa in minigonna ed affiggendo cartelli di denuncia contro il sessismo tipo: «Non è colpa nostra se gli cade l’occhio!». La frase sarebbe stata pronunciata dall’insegnante il primo giorno di scuola, complice il fatto che al Socrate, come in altri istituti in questi giorni, gli studenti sono seduti sulle sedie ma senza banchi durante le lezioni, per consentire di mantenere il distanziamento secondo le disposizioni Covid, in attesa dell’arrivo di quelli “monoposto”. Probabilmente, dopo aver visto qualche gonna corta, è scattato il “suggerimento” della vicepreside che ha infastidito le ragazze.

La presunta frase ha anche innescato un tam tam sui social. “I nostri corpi non possono essere oggettificati, non possiamo prendere la colpa per gli sguardi molesti degli insegnanti maschi», si legge tra i messaggi che circolano nel liceo firmati dal gruppo di studentesse «Ribalta femminista» in cui si invitava oggi ad andare a scuola con una gonna. Il ministero dell’Istruzione tramite l’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha chiesto immediatamente un approfondimento sulla vicenda. «Il liceo Socrate – afferma dal canto suo il preside dell’Istituto, Carlo Firmani – è fieramente da sempre attento al rispetto di tutte le individualità e di tutte le opinioni, libere di esprimersi, all’interno del perimetro segnato solo dalla Costituzione, dal codice penale e dal buon senso ed è altrettanto attento alle questioni di genere». L’episodio sarà spunto per una riflessione collettiva, conclude il dirigente scolastico.

I suoi colleghi dell’Anp concordano sull’opportunità di un dress code adeguato in classe ma trovano sbagliata la motivazione della vicepreside dell’Istituto. «E’ ovvio che le studentesse e gli studenti – dice il presidente di Anp, Antonello Giannelli – debbano frequentare le lezioni con un abbigliamento decoroso, in segno di rispetto verso l’Istituzione che la scuola rappresenta e verso sé stessi. Non è però condivisibile che la motivazione posta alla base di tale doverosa condotta faccia riferimento a un ipotetico e deprecabile voyeurismo dei docenti (uomini). Docenti che, peraltro, svolgono un importante ruolo educativo». Sulla stessa lunghezza d’onda la presidente della Commissione Istruzione della Camera, Vittoria Casa (M5S). «Suggerire a studentesse e studenti, ma anche agli insegnanti, un abbigliamento adatto al luogo e conforme a codici di comportamento condivisi è assolutamente legittimo – afferma – viceversa è sbagliato chiedere a delle studentesse di non indossare una minigonna perché altrimenti ai professori può cadere l’occhio».

La presidente della commissione Scuola e Pari opportunità del Consiglio regionale del Lazio Eleonora Mattia (Pd), critica le parole della vicepreside, (“la vicenda potrebbe far sorridere alcuni ma i contorni sono grotteschi e nascondono il germe di un proibizionismo per lo meno insidioso rispetto ai concetti di libertà e di uguaglianza”) e annuncia che convocherà in IX Commissione Pari opportunità la dirigente scolastica e la vicepreside del liceo Socrate.

Ed è di pochi giorni fa un episodio molto simile accaduto in Francia: anche lì le studentesse hanno reagito alla “censura” sull’abbigliamento e hanno rivendicato sui social il diritto a vestirsi come più ritengono.

La richiesta dei docenti di avere un determinato abbigliamento a scuola non è una novità e non riguarda solo le ragazze. Proprio ieri in un altro liceo scientifico della capitale, sono stati redarguiti i ragazzi: chi continuerà a presentarsi in pantaloncini o in bermuda avrà una nota, devono indossare i pantaloni lunghi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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