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Referendum, il primo quesito su jobs act e licenziamenti

Redazione La Sicilia

07 Giugno 2025, 20:17

Referendum, il primo quesito su jobs act e licenziamenti

Il primo dei quattro referendum sul lavoro, promossi dalla Cgil, chiede la cancellazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti introdotto nel 2015 con il Jobs act del governo Renzi, applicata a chi è stato assunto dal 7 marzo 2015 in poi in imprese con oltre 15 dipendenti. Si tratta della nuova tipologia di contratto che fissa diverse soglie di indennizzo economico, con l'aumentare dell’anzianità di servizio - le tutele crescenti - passando da un minimo di 6 mesi fino ad un massimo di 36 mesi. La norma attuale, invece, ha tolto, per la genericità dei casi e anche per alcuni licenziamenti illegittimi, il reintegro.

La possibilità che il giudice preveda il rientro al lavoro è comunque rimasta anche oggi nei casi di licenziamento discriminatorio (ad esempio per ragioni legate a opinioni politiche, religiose o disposto durante la maternità o intimato in forma orale) e in specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. Lo snodo su chi gli italiani sono chiamati a decidere è tra la necessaria flessibilità che un’azienda deve avere per promuovere sviluppo e lavoro e la tutela che invece va garantita al lavoratore per dargli certezze sul proprio futuro, un modo anche questo di sostenere famiglie ed economia. L’equilibrio tra queste due esigenze economiche è quello al centro di questo primo quesito. La Cgil, che è tra i promotori, calcola che gli occupati assunti dopo il 7 marzo 2015 - che quindi sono automaticamente inseriti nel contratto a tutele crescenti - sono oltre 3 milioni e 500mila e aumenteranno nei prossimi anni.

E sostiene che sono "penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l'interruzione del rapporto». I contrari invece ritengono che cancellando le norme previste dal Jobs Act si torni al passato, irrigidendo il mercato del lavoro. Anche sugli effetti concreti c'è un dibattito. Se è vero che rientra la possibilità di reintegro,sugli indennizzi è aperto un confronto: per la Cgil la soglia minima dovrebbe essere di un anno rispetto ai sei mesi attuali, mentre la Cisl ritiene che il tetto degli indennizzi dovrebbe essere di 24 mesi contro i 36 attuali.

IL QUESITO: «Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante «Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» nella sua interezza?».