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Sette anni di processi per un camoscio

Di Redazione |

TORINO, 9 MAG – La battaglia per il camoscio è durata sette anni ed è arrivata in Cassazione. Il cacciatore, però, ha perso: i supremi giudici hanno detto ‘no’ alla sua richiesta di riavere indietro l’equivalente in denaro dell’animale che nel 2011 aveva abbattuto “per errore” in un bosco del Verbano. Il tutto per un capo che, una volta requisito dalla Provincia del Vco, era stato macellato e venduto all’asta per 106 euro. Il ricavato era stato poi versato alla Regione Piemonte. Il cacciatore, munito di regolare licenza, sparò al camoscio il 4 settembre 2011. Ma commise un errore: in base al calendario poteva abbattere solo esemplari di sesso femminile, e quello era un maschio. Quando se ne accorse si autodenunciò e pagò la multa. Poi chiese la restituzione del camoscio sostenendo che aveva onorato la sanzione amministrativa e, quindi, la confisca era illegittima. Sia il tribunale di Verbania (nel 2013) che la Corte d’appello di Torino (nel 2015) gli diedero torto; nei giorni scorsi la Cassazione ha chiuso il caso.

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