Ucraina: imprenditore, ‘papà morto di covid, ora aiuto profughi’

Di Redazione / 27 Marzo 2022

MONZA, 27 MAR – Due anni fa ha perso il papà,
vittima del Covid. Ha continuato a portare avanti l’azienda di
famiglia e ora Michele Raselli, imprenditore biellese, ha voluto
impiegare parte dei suoi profitti per contribuire a far arrivare
in Italia profughi in fuga dall’Ucraina sotto le bombe.
“Dedico tutto questo a mio padre morto per il coronavirus” dice
Raselli, amministratore delegato della Machieraldo, grossista di
ferramenta e casalinghi che durante la pandemia ha aumentato
notevolmente il suo fatturato. Parte dei nuovi guadagni sono
stati quindi investiti nell’aiuto ai profughi ucraini e Raselli
attribuisce gran parte del merito dell’operazione all’incontro
definito “fortuito” con l’avvocato monzese Agostino D’Antuoni,
che, con la Croce Rossa Italiana, ha organizzato il
trasferimento occupandosi della parte più difficile
dell’operazione, cioè il coinvolgimento delle istituzioni e
delle famiglie italiane.
Arrivati questa mattina alla parrocchia San Gerardo di Monza,
i rifugiati ucraini verranno accolti in Italia da 50 famiglie
che hanno dato disponibilità a ospitarli nelle loro abitazioni –
precisa l’avvocato D’Antuoni che aggiunge: “Mercoledì notte
partirà un altro pullman da Leopoli, in queste ore sotto
bombardamenti. In queste ore stiamo cercando altre famiglie
italiane che aiutino ad accogliere le persone in fuga”.
Intanto i volontari della Croce Rossa si sono attivati per
assistere i primi rifugiati ucraini e non nascondono la loro
emozione. “Da 10 anni sono nel servizio del 118 – dice Andrea
Paleari, uno dei volontari coinvolti – e non mi era mai capitato
di arrivare così vicino a piangere come quando abbiamo
accompagnato in ospedale un bambino purtroppo affetto da
leucemia. La mamma ci raccontava della patologia del figlio e
dell’ospedale dove era ricoverato sotto attacco, mi ha colpito
il silenzio che è calato al suo racconto, un silenzio surreale
nel sentire le parole di quella mamma che al terribile fatto di
avere un bimbo malato aggiungeva la guerra, la paura delle
bombe”.

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