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La Consulta: «Basta il ricorso cautelare per contestare atti del datore di lavoro»

Di Redazione |

ROMA – Il ricorso cautelare contro il trasferimento, o altri atti del datore di lavoro (compreso il licenziamento), è idoneo a impedire, se proposto nel prescritto termine di 180 giorni, la decadenza dalla facoltà di impugnare la decisione datoriale prevista dall’articolo 6, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, al pari del ricorso ordinario e della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Lo rende noto un comunicato della Consulta a seguito di quanto ha stabilito la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 212 depositata oggi (relatore il giudice Giovanni Amoroso), accogliendo la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla sezione lavoro del Tribunale di Catania.

«Nella fattispecie, un lavoratore aveva tempestivamente proposto – rispetto ai 180 giorni stabiliti dalla norma censurata (articolo 6, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604) – ricorso d’urgenza contro il trasferimento disposto dal datore di lavoro nella sede di un’altra regione ma non aveva, poi, anche promosso il giudizio di merito nello stesso termine di 180 giorni (previsto per impedire la decadenza dall’impugnazione).

La Corte Costituzionale – prosegue la nota – ha ritenuto irragionevole escludere che la proposizione del ricorso cautelare possa impedire la decadenza dall’impugnativa del provvedimento datoriale». Pertanto, la sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, secondo comma, della legge 604/1966 (Norme sui licenziamenti individuali) «nella parte in cui non prevede che l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione del giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli articoli 669-bis, 669-ter e 700 del codice di procedura civile».

Quindi, a seguito dell’odierna pronuncia della Consulta, il Tribunale di Catania potrà decidere nel merito «se l’impugnazione proposta in via cautelare dal lavoratore sia fondata o meno. Decisione che sarebbe stata invece preclusa se fosse scattata la decadenza, in applicazione della disposizione oggetto del giudizio di legittimità costituzionale nella formulazione originaria», conclude la nota di Palazzo della Consulta. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA