L'Uomo con la Luce negli occhi: una storia di incontri e speranze a Catania
Sono stato testimone di una storia tanto bella quanto triste, il cui protagonista era un ragazzo di colore tra i 30 e i 35 anni. Sembrava abbastanza colto, accennava l'italiano e parlava un discreto francese. Dormiva nei pressi del corso Sicilia a Catania, dove ho l'abitudine di fare il mio giro da volontario per i bisognosi. Senza chiedere nulla a nessuno, e solo grazie a donazioni di persone dal cuore grande, porto loro vestiti e spesso qualcosa da mangiare. Fu così che lo incontrai.
Una sera, dopo un turno di lavoro all'ospedale San Marco, ricordo di essere già stanco. Iniziai il giro nelle strade di Catania. Con loro vivo momenti di paradiso, spesso "lavano" via la mia stanchezza, le preoccupazioni che attanagliano il quotidiano. Così trascorro del tempo con loro e, quando è possibile, dialogo senza giudicare o condannare. Anche se a volte rischio molto nell'avvicinare questi bisognosi e spesso dimentico i pericoli, fortunatamente qualcuno lassù mi protegge dal peggio e così riesco ad avvicinarli.
Ricordo che dai suoi occhi traspariva tanto dolore, a volte gli usciva qualche lacrima, mentre stringeva la mia mano al suo petto come per dire "hai un posto nel mio cuore". Cercavo di mantenere la mia emozione ma non ci riuscivo, anch'io piangevo. In quei momenti non c'era spazio per preoccuparmi della sua condizione igienica o altro; l'empatia che il contatto aveva creato era magica, autentica, vera, indescrivibile.
Ricordo che parlammo un po' della sua storia, che per rispetto e privacy custodisco gelosamente dentro di me, del motivo della traversata e di come era arrivato a Lampedusa, poi a Catania. Aveva una meta da raggiungere, un grande desiderio da realizzare e poi riabbracciare i familiari, magari portandoli dove si sarebbe stabilito, per poi uscire dalle condizioni disumane in cui vivevano.
Ricordo che la sera prima gli portai quasi niente, erano avanzi di cibo rimasti dal reparto che, se non consumati, sarebbero stati buttati. Comprai degli affettati di pollo e tacchino e, come al solito, feci il mio giro in silenzio, negli angoli bui della Catania abbandonata e proibita la sera al transito per paura di incontrare gli "invisibili", paura di aprire una finestra sulla povertà e magari fare un'autoanalisi sulle reali esigenze del superfluo in cui la nostra società vive, di scoprire chi sono questi invisibili e magari interrogarsi sulla loro storia.
Fu così che la sera dopo trovai il cartellino che la Croce Rossa consegna come prima identificazione con un numero. Era nascosto lì dove solitamente dormiva e si nascondeva, ma di lui nessuna traccia. Capii subito che era partito e non l'avrei più rivisto. Spero solo che nel suo cammino incontri persone capaci di aiutarlo nel quotidiano e magari a realizzare il suo grande e legittimo sogno. Di lui rimane impressa nella mia mente la flebile luce che i suoi occhi irradiavano a chi si poneva davanti ai suoi, coltivando ancora quel sogno proibito di sentirsi uomo, un uomo libero.
Tony Livolsi