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Frana di Letojanni, bufera sul Cas: sospesi il direttore e un dirigente, stop ad un imprenditore

Di Redazione |

I carabinieri della Comando provinciale di Messina hanno eseguito tre misure interdittive emesse dal gip del tribunale di Messina, su richiesta della Procura, nei confronti di due dirigenti del Consorzio Autostrade Siciliane, che sono stati sospesi dalla carica, e di un imprenditore, inibito dall’esercizio d’impresa. Per tutti le accuse sono disastro ambientale, peculato e falsità ideologica in atti pubblici. Altre tre persone sono indagate, ma nei loro confronti non sono state emesse misure.

Sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio per 12 mesi il direttore generale del CAS Salvatore Pirrone ed il dirigente dell’area tecnica Gaspare Sceusa. Il provvedimento di divieto di esercitare l’attività di impresa, per 8 mesi, è stato notificato invece all’imprenditore di Letoianni Francesco Musumeci. L’inchiesta ha avuto il suo input dalla frana che, il 5 ottobre 2015, ha interessato un ampio tratto dell’autostada A18 Messina/Catania, a Letojanni

Al centro delle indagini sono finiti in particolare i lavori di somma urgenza, per un importo di oltre 500 mila euro, appaltati per la messa in sicurezza della carreggiata nel tratto a valle.

Due distinte indagini, sviluppate dai carabinieri della Compagnia di Taormina e da quelli della sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica, hanno accertato una serie di illeciti nella fase di progettazione e in quella di esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dell’area, oltre alla realizzazione di una barriera di contenimento della frana totalmente inadeguata rispetto al livello di rischio idrogeologico.

Secondo gli inquirenti, i due dirigenti del CAS avrebbero omesso di controllare la ditta incaricata dell’esecuzione dei lavori, sostenendo, al posto dell’impresa, le spese di progettazione dei lavori e permettendo una ingiustificata lievitazione dei costi dell’opera, senza pertanto impedire che la realizzazione dei lavori venisse eseguita in maniera inadeguata. L’affidamento, in somma urgenza, dei lavori di esecuzione degli interventi all’imprenditore Musumeci è stato effettuato, infatti, omettendo di redigere il progetto esecutivo da parte della stazione appaltante e consentendo che l’elaborato fosse predisposto da due professionisti, un geologo ed un ingegnere, scelti dalla ditta esecutrice.

Gli indagati avrebbero fatto apparire, grazie alla redazione su carta intestate all’ente, che lo stesso progetto era stato invece elaborato dal CAS. Inoltre, con una perizia di variante, è stato poi avallato, dai due dirigenti, che il pagamento del compenso dei professionisti fosse imputato al CAS: da qui la contestazione del reato di peculato.

Il titolare dell’impresa di costruzione, inoltre, avrebbe realizzato le opere di messa in sicurezza del tratto autostradale con materiali di scarsa qualità, incassando profitti ingiusti e ponendo gravemente a repentaglio l’incolumità degli automobilisti e dei residenti della zona ionica messinese.

Tra gli indagati non colpiti dal provvedimento cautelare c’è anche un funzionario del consorzio, ormai in pensione, accusato di avere redatto atti ideologicamente falsi in relazione ai certificati di stato di avanzamento lavori emessi nel novembre 2015 e nel gennaio 2016. Nei documenti si è fatto falsamente riferimento ad una contabilità che a quella data non era stata ancora redatta. Indagati anche i due professionisti che hanno redatto gli elaborati progettuali.

Oltre ai due dirigenti del Cas Salvatore Pirrone e Gaspare Sceusa, sospesi dalla carica, e all’imprenditore catanese Francesco Musumeci, sono sotto inchiesta anche un ex funzionario del Consorzio ora in pensione, Antonino Francesco Spitaleri, e Francesco Crinò e Giuseppe Torre, rispettivamente ingegnere e geologo dell’impresa Musumeci.

L’opera realizzata in somma urgenza per la messa in sicurezza della corsia dell’autostrada Messina-Catania interessata dalla frana, per gli inquirenti, sarebbe instabile nonostante si sarebbero dovute adottare tutte le precauzioni necessarie visto che l’area è ad alto rischio idrogeologico. Inoltre i lavori non sono stati mai collaudati «esponendo a rischio e pericolo un numero indeterminato di persone», scrivono i magistrati. E in parte il pericolo si è già verificato per la barriera leggera di contenimento massi realizzata con modalità diverse da quelle indicate nel prezziario Anas nel 2016, visto che diversi massi si sono staccati dal costone roccioso e hanno sfondato la protezione finendo sull’autostrada Messina-Catania.

«Il Cas – scrive il gip nel provvedimento – ha consegnato all’impresa un mandato in bianco, non fornendo alcuna indicazione in ordine al tipo di lavori da effettuare (contrariamente a quanto prevede la legge) e ai costi da sostenere: quanto a quest’ultimo profilo, appare indiscutibile infatti che il Cas abbia sostanzialmente preso atto della determinazione dell’importo da liquidare operata dall’impresa, senza effettuare alcun tipo di vaglio della stessa, di fatto rimessa arbitrariamente al privato esecutore dei lavori».

«Risulta ancora più anomalo – aggiunge il magistrato – che la Stazione Appaltante abbia abdicato, nonostante l’importanza e la delicatezza dell’intervento, a vagliare l’idoneità dell’intera opera ad assicurare effettivamente la messa in sicurezza del tratto autostradale in oggetto».

All’impresa, poi, viene delegata anche la progettazione dell’opera che, per il magistrato, «avrebbe dovuto essere preceduta da selezione da parte della stazione appaltante (anche attraverso gara informale), soprattutto in un caso del genere, in cui i progettisti dovevano dimostrare un elevato livello di professionalità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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