la polemica
Budapest Pride: la sfida tra Europa e Orban che infiamma l’Ungheria
La capitale ungherese diventa il teatro di uno scontro simbolico tra i valori europei di libertà e le politiche repressive del governo magiaro
Sabato di tensione nel centro di Budapest che sarà attraversato da una marcia che, quest’anno più che mai, ha assunto un valore politico di portata europea. Il Budapest Pride, storicamente manifestazione dell’orgoglio LGBTQ+, è diventato il simbolo dello scontro tra la maggioranza europeista che governa le istituzioni di Bruxelles e il governo sovranista di Viktor Orban.
Un Pride sotto assedio
La tensione è alle stelle: il governo ungherese ha formalmente vietato la parata, invocando una controversa legge sulla protezione dei minori che, di fatto, proibisce eventi pubblici in cui si mostrino rappresentazioni legate all’omosessualità o alla transizione di genere. Ma il sindaco progressista di Budapest, Gergely Karácsony, ha aggirato il divieto trasformando il Pride in un evento ufficiale del Comune, rendendolo così “perfettamente legale” secondo la normativa locale. Una mossa che ha permesso di mantenere viva la manifestazione, nonostante il rischio di “conseguenze legali” evocato dal premier Orban per chiunque vi partecipi o la organizzi.
Orban, ormai arresosi all’inevitabilità della marcia, ha lanciato un monito ambiguo e minaccioso: «Siamo adulti, raccomando a tutti di rispettare le leggi. Se non lo fanno, devono tenere conto delle chiare conseguenze legali». Il rischio, sulla carta, è fino a un anno di carcere per i partecipanti, anche se il premier ha escluso l’uso della violenza fisica da parte della polizia.
Una risposta europea senza precedenti
Nonostante il clima di intimidazione e i controlli serrati all’aeroporto per intercettare bandiere arcobaleno, sono attese circa 35mila persone da tutta Europa, tra cui una settantina di eurodeputati di diversi schieramenti politici. In piazza ci saranno i capigruppo di Socialisti, Verdi e Liberali al Parlamento europeo, una rappresentanza dei Popolari europei e la commissaria europea per la Parità, Hadja Lahbib. Dall’Italia parteciperanno la segretaria del Pd Elly Schlein, il leader di Azione Carlo Calenda, esponenti di M5S, Italia Viva, Più Europa e Avs, oltre a numerosi attivisti.
Il sostegno al Pride è arrivato anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha definito la manifestazione delle proprie idee “il sale della democrazia”, e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha chiesto all’Ungheria di consentire la marcia “senza sanzioni”.
Un test sulla democrazia ungherese
La posta in gioco va ben oltre i diritti LGBTQ+: il Budapest Pride si è trasformato in un banco di prova per il tasso di democrazia del Paese e per la tenuta dei valori fondanti dell’Unione europea. «Il Pride appartiene a tutta l’Europa: se in un Paese membro dell’Ue la marcia può essere vietata, nessun elettore europeo può sentirsi al sicuro», ha dichiarato il sindaco Karácsony.
Il rischio di incidenti resta alto, anche per la possibilità che la polizia possa autorizzare contromanifestazioni dell’estrema destra, scenario che preoccupa le autorità cittadine e gli organizzatori.
L’opposizione interna e la mobilitazione italiana
Le opposizioni ungheresi e italiane hanno scelto di sfidare apertamente i divieti di Orban. “Sfileremo al Pride di Budapest, dopo le dichiarazioni di Orban non arretriamo di un millimetro”, ha affermato Mario Colamarino, presidente del Circolo Mario Mieli. Alessandro Zan, tra i dem italiani presenti, sottolinea: “Il problema è lui, che è fuori dalle normative e dai valori europei, non noi che andiamo a una pacifica manifestazione. Sappiamo che possiamo correre dei rischi, ma battersi per la libertà e la democrazia è molto più importante”.
Non mancano, però, le assenze di rilievo: Ilaria Salis, ex detenuta in Ungheria, ha scelto di non partecipare per timore di ritorsioni sulla collega tedesca Maja, in sciopero della fame.
Una sfida tra due visioni d’Europa
Il Budapest Pride 2025 si svolge in un’Unione europea divisa: da un lato la Spagna, che celebra vent’anni dalle nozze gay; dall’altro l’Ungheria, che vieta per legge i Pride e limita i diritti delle minoranze. Per le forze europeiste, la marcia di domani è una sfida frontale tra i valori di tolleranza, libertà e democrazia e le rigide politiche di controllo promosse dal premier magiaro, che secondo i suoi critici sono apertamente illiberali.
Il corteo di Budapest, dunque, non è solo una manifestazione dell’orgoglio omosessuale, ma il simbolo di una battaglia più ampia: quella per la difesa dei diritti civili e delle libertà fondamentali in Europa. Gli occhi del continente sono puntati sulla capitale ungherese, dove si deciderà se a prevalere saranno le minacce e le restrizioni, o la forza pacifica di chi rivendica il diritto a esistere, amare e manifestare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA