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Budapest Pride 2025: sfida ai divieti, tra tensione politica e arcobaleni di resistenza

Orban lo ha vietato, ma il sindaco della capitale lo ha promosso. Autorizzati invece tre cortei dell'estrema destra

Redazione La Sicilia

28 Giugno 2025, 16:24

Budapest Pride 2025: sfida ai divieti, tra tensione politica e arcobaleni di resistenza

Il Budapest Pride si è trasformato quest’anno in un vero e proprio banco di prova per la democrazia e i diritti civili nell’Unione Europea. Nonostante il divieto imposto dal governo di Viktor Orbán, migliaia di persone si sono riversate nelle strade della capitale ungherese per difendere i diritti della comunità LGBTQIA+, sfidando apertamente le nuove leggi restrittive e la minaccia di sanzioni legali.

Il corteo guidato dal sindaco e la presenza europea

A guidare il corteo, accolto dall’ovazione della folla, il sindaco progressista Gergely Karácsony, affiancato da una folta delegazione di eurodeputati e parlamentari italiani ed europei di centrosinistra. Tra loro la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, il leader di Azione Carlo Calenda, la vicepremier spagnola Yolanda Diaz e rappresentanti di M5S, Verdi-Sinistra e +Europa. Prima della partenza, i leader si sono riuniti nel giardino del municipio, simbolo di una resistenza istituzionale che ha permesso di aggirare il divieto governativo trasformando il Pride in un evento comunale.

Cartelli, slogan e la sfida a Von der Leyen

Il corteo si è snodato in un clima festoso, tra bandiere arcobaleno, canti e balli. Elly Schlein, insieme ai manifestanti, ha intonato “Bella Ciao”, mentre numerosi cartelli puntavano il dito contro la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen: “Ursula, proteggi Orban o la democrazia” recitava uno degli slogan più fotografati, a testimonianza della pressione sui vertici UE perché prendano una posizione più netta contro le derive autoritarie di Budapest. Magliette e striscioni denunciavano la repressione di Orbán e sostenevano i diritti LGBTI+.

Tensione e minacce dell’estrema destra

Non sono mancati momenti di tensione: militanti del partito estremista Patria Nostra hanno bloccato con le auto il ponte Szabadsag, parte del percorso del Pride, senza che la polizia intervenisse. In contemporanea, due manifestazioni di estrema destra sono state autorizzate sullo stesso percorso, accrescendo il rischio di scontri. Il governo, infatti, ha vietato il Pride ma ha permesso tre cortei neonazisti, scelta che secondo gli attivisti di Arcigay “dimostra la deriva illiberale dell’esecutivo”.

Le parole di Schlein e la denuncia di Arcigay

Elly Schlein ha ribadito che “l’amore non si può vietare per legge” e ha chiesto all’Europa di far rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta di Nizza. Ha accusato la destra europea di “scegliere un nemico al giorno per coprire l’assenza di risposte ai bisogni reali dei cittadini”, come il caro vita e i bassi salari. Gabriele Piazzoni, segretario di Arcigay, presente a Budapest con la delegazione italiana, ha denunciato la “complicità silenziosa” di alcuni governi europei, incluso quello italiano, e ha sottolineato come “il nostro arcobaleno sia l’anticorpo contro il veleno dei nuovi fascismi che tentano di riconquistare l’Europa”.

Una giornata di resistenza europea

Mentre a Budapest si celebrava una marcia di resistenza, in Italia e in altre città europee si sono svolti sei cortei dell’Onda Pride, a testimonianza di una mobilitazione diffusa per i diritti civili. La giornata, che coincide con l’anniversario dei moti di Stonewall, ha visto una partecipazione trasversale e unitaria, con la società civile europea pronta a ribadire che “l’Italia e l’Europa non vogliono tornare indietro sui diritti".

La sfida a Orbán e all’Europa

Il Budapest Pride 2025 si chiude come simbolo di una sfida aperta tra chi vuole difendere i valori democratici e chi tenta di restringere le libertà fondamentali. La presenza di leader politici europei e la mobilitazione internazionale hanno lanciato un messaggio chiaro: i diritti non sono negoziabili, e la società civile non intende arretrare di fronte ai nuovi autoritarismi.