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L'accusa dell'Ue: «Mosca usa armi chimiche in Ucraina». E Trump taglia corto sulle armi a lungo raggio

Il Financial Times: «Il presidente Usa incoraggiò Kiev a colpire Mosca». Ma lui smentisce

Claudio Salvalaggio

15 Luglio 2025, 20:57

donald trump

«Zelensky non dovrebbe colpire Mosca»: Donald Trump smentisce indirettamente il Financial Times e anche le indiscrezioni di altri media secondo cui sarebbe pronto a fornire armi a lungo raggio a Kiev, a partire dai missili Tomahawk. «Per ora non le sto valutando», ha tagliato corto davanti ai reporter alla Casa Bianca, prima di volare in Pennsylvania per annunciare un maxi investimento nell’Ia. E alla domanda se stia dalla parte dell’Ucraina o della Russia, ha risposto: «Con nessuno, sto dalla parte dell’umanità e voglio finire questo bagno di sangue».

Intanto la Ue denuncia il crescente uso di armi chimiche da parte dei russi in Ucraina: «Questi attacchi si stanno intensificando», ha accusato l’alto rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas. «È sorprendente - ha aggiunto - ma dall’inizio dell’invasione ci sono stati oltre novemila casi di attacchi con armi chimiche proibite. Lo dicono i servizi di intelligence di Olanda e Germania, e il fatto che stiano aumentando è preoccupante, Mosca vuole che Kiev si arrenda».

I 27 però restano divisi sulle nuove sanzioni alla Russia. Bratislava ha nuovamente bloccato il severo pacchetto di misure che dovrebbe comprendere anche il price cap sul prezzo del petrolio e del gas russi. «Ma sono fiduciosa che raggiungeremo una decisione», ha confidato Kallas, che ha aperto una nuova polemica con la Casa Bianca, auspicando che anche gli Usa «condividano l’onere» del costo delle armi inviate a Kiev (la prima tranche è sui 10 miliardi di dollari).

A suscitare interrogativi sulla posizione di Trump verso Putin è stato il Financial Times, secondo cui il presidente Usa avrebbe incoraggiato privatamente Volodymyr Zelensky a bombardare più in profondità il territorio russo, chiedendogli persino se fosse in grado di colpire Mosca o San Pietroburgo qualora gli Usa gli avessero fornito armi a lungo raggio. «Volodymyr, puoi colpire Mosca? Puoi colpire anche San Pietroburgo?», avrebbe chiesto il presidente americano. «Assolutamente, lo possiamo fare se ci date le armi», avrebbe risposto il leader ucraino, secondo due persone a conoscenza della conversazione.

Il tycoon avrebbe quindi segnalato il suo sostegno all’idea, indicando come l’obiettivo della strategia fosse «far sentire il dolore ai russi» e costringere il Cremlino al tavolo negoziale. Il colloquio sarebbe avvenuto il 4 luglio, all’indomani della «brutta» telefonata con Vladimir Putin, che ha aumentato la frustrazione di Trump spingendolo alla svolta annunciata lunedì nello Studio Ovale insieme al segretario generale della Nato Mark Rutte: Patriot ed altre armi Usa a Kiev pagate dagli europei, nonché dazi secondari al 100% se non si raggiunge un accordo entro 50 giorni.

Prima che il tycoon rispondesse ai reporter, dalla Casa Bianca era arrivata solo una parziale smentita al Ft: «Le dichiarazioni del presidente sono state prese fuori dal contesto, stava semplicemente ponendo una domanda, non incoraggiando ulteriori morti», ha assicurato la portavoce Karoline Leavitt. Del resto il tycoon, pur ribadendo di essere «deluso» da Putin, ha precisato in un’intervista alla Bbc di non aver ancora «chiuso con lui». Lo conferma in parte il lasso di tempo concesso (50 giorni) e la minaccia di dazi secondari al 100%, contro i 500% previsti in un disegno di legge bipartisan ora congelato.

Il Cremlino, attento a non rompere con Trump, fa melina, spiegando di aver «bisogno di tempo per analizzare ciò che è stato detto» dal presidente Usa e che Mosca resta pronta «a continuare il dialogo» con Kiev. Putin per ora tace, mentre tutte le altre reazioni sono dure o sarcastiche. Per il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov è «inaccettabile» qualsiasi ultimatum, mentre il vice segretario del Consiglio di sicurezza nazionale russo Dmitri Medvedev lo ha definito un «ultimatum teatrale». Il capo della diplomazia russa, Serghiei Lavrov, invece denuncia «la pressione enorme» della Ue e della Nato su Trump e si dice certo che i partner commerciali di Mosca non arretreranno di fronte alle sanzioni americane.