Libia: Hrw, 130 vittime di mine a Tripoli sud da giugno 2020

Di Redazione / 27 Aprile 2022

IL CAIRO, 27 APR – Almeno 130 persone, per lo più
civili, sono state uccise da mine e ordigni abbandonati o
inesplosi in Libia da quando le forze del generale Khalifa
Haftar nel giugno 2020 hanno posto fine al tentativo di
conquistare Tripoli, ritirandosi dalla periferia meridionale
della capitale. Lo stima Human Right Watch (Hrw) in un rapporto
pubblicato sul proprio sito.
Combattenti del sedicente “Esercito nazionale libico” di cui
Haftar è comandante generale e mercenari russi del gruppo
“Wagner”, durante la loro ritirata, piazzarono mine anti-uomo
messi al bando “inclusi ordigni esplosivi improvvisati” (IED)
attivati ;;dalle vittime e “trappole esplosive” nella periferia
meridionale di Tripoli, ricorda l’organizzazione americana per
la difesa dei diritti dell’uomo esortando il governo libico e i
suoi sostenitori internazionali a “intensificare gli sforzi per
bonificare” l’area.
Ad essere uccisi e mutilati sono stati anche bambini, ha
sottolineato Hanan Salah, direttore per la Libia di Hrw,
aggiungendo che mine e ordigni hanno “impedito ai residenti del
sud di Tripoli di tornare a casa”. “Le mine antiuomo sono
vietate perché uccidono indiscriminatamente i civili sia durante
i combattimenti che molto tempo dopo la fine del conflitto”, ha
notato Salah.
Durante una visita a Tripoli il mese scorso Hrw ha incontrato
il Centro di azione antimine del Ministero della Difesa libico
che coordina le operzioni di bonifica. Il centro ha indicato che
dal 2019 mine e altri ordigni esplosivi hanno contaminato 720
milioni di metri quadrati nei distretti meridionali di Tripoli,
causando 200 feriti, morti e migliaia di sfollati.
Funzionari del governo, delle Nazioni Unite e dei gruppi
civici hanno affermato che fra gli ostacoli alla bonifica delle
aree vi sono una governance frammentata e un coordinamento
insufficiente tra le agenzie governative e i gruppi umanitari.

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