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L’ultima battaglia degli Azov: “I comandanti restano”

Palamar smentisce la resa in un videomessaggio: "Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal"

Di Redazione |

 Fino all’ultimo soldato, intorno ad Azovstal si continua a combattere una guerra di propaganda. Quando sembrava ormai vicina alla conclusione l’uscita delle truppe ucraine dall’acciaieria di Mariupol, rimasta per dieci settimane un bunker inespugnabile, gli irriducibili del reggimento Azov spezzano il silenzio e tornano a promettere battaglia.   «Oggi è l’85esimo giorno di guerra. Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal. È in corso un’operazione, i cui dettagli non annuncerò». Così, con in un laconico videomessaggio diffuso dopo quasi 24 ore in cui i media di Mosca lo avevano dato per arreso, sostenendo che avesse abbandonato i tunnel della resistenza per consegnarsi al nemico, il vicecomandante e portavoce del battaglione Sviatoslav 'Kalina' Palamar è rispuntato per sfidare la Russia. E con lui, gli altri vertici ancora dentro, come il maggiore Bohdan Krotevych, capo dello staff, che sui social ha avvertito: «La guerra non è finita», perché «noi siamo più deboli nel potenziale militare, ma la fiducia in sé del nemico è la nostra carta vincente». 

 Eppure, ad Azovstal non restano che poche centinaia di combattenti. Secondo la Difesa di Mosca, da lunedì sera sono almeno i 1.730 i soldati ucraini che hanno ceduto le armi – 771 in più in 24 ore – e sono stati trasportati nei territori controllati dalla Russia, tra cui 80 feriti.   Dopo un lungo silenzio, sulla loro sorte sempre più incerta sono tornati intanto a esprimersi anche gli alti comandi di Kiev. «Le misure per evacuare i soldati ucraini da Mariupol continuano», ha confermato il brigadiere generale Oleksii Gromov, capo del dipartimento operativo dello Stato maggiore, senza tuttavia fornire nuove cifre di militari fuoriusciti. "Sappiamo che il nostro nemico è insidioso, ma crediamo che la parola data verrà mantenuta», ha comunque rassicurato. Lo scambio di prigionieri resta al centro di negoziati dal forte peso simbolico, mentre il premier britannico Boris Johnson ha ammonito Mosca a trattare «con dignità e rispetto i prigionieri di guerra». E intanto dal terreno arrivano le prime conferme della Croce rossa, che ha censito centinaia di soldati all’uscita dalla fonderia, pur non potendone tracciare la destinazione finale.   Nel resto dell’Ucraina la guerra non si ferma. I bombardamenti continuano a concentrarsi sul Donbass, dove almeno 12 persone sono rimaste uccise e altre 40 ferite a Severodonetsk, secondo il governatore dell’oblast di Lugansk, Serhiy Gaidai. Altri 10 civili, tra cui due bambini, sono morti nel Donetsk, tra Lyman e Bakhmut. E gli attacchi, ha denunciato Kiev, proseguono anche «lungo l’intero confine della regione di Sumy», nel nord-est.   Sul fronte settentrionale incombe poi la minaccia bielorussa. Minsk ha annunciato di aver acquistato dalla Russia «la quantità necessaria» di sistemi missilistici antiaerei S-400 e tattici Iskander. «Lo abbiamo concordato con Putin», ha spiegato il presidente Alexander Lukashenko, avvertendo che «queste armi possono causare danni colossali».   Ma la difesa ucraina resiste. Per il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, «la Russia non ha raggiunto i suoi obiettivi in Ucraina: ha dovuto abbandonare Kiev e Kharkiv e l'offensiva nel Donbass è in stallo». Tuttavia, ha spiegato, "non crediamo che Mosca abbia rinunciato ai suoi piani e dunque dobbiamo prepararci a sostenere l’Ucraina sul medio e lungo periodo». Rallentamenti sul terreno sono stati segnalati anche dall’intelligence britannica, secondo cui tra gli ufficiali russi c'è una crescente tendenza a rinviare le decisioni chiave ai loro superiori, nel timore di fare la fine dei comandanti silurati, come il tenente generale Serhiy Kisel, che guidava la prima unità delle Guardie carriste e non è riuscito a conquistare Kharkiv, e il viceammiraglio Igor Osipov, che comandava la flotta russa nel Mar Nero al momento dell’affondamento dell’incrociatore Moskva. E che l’offensiva sia destinata a protrarsi a lungo, ha sottolineato Kiev, sarebbe indicato anche dal frettoloso arruolamento di giovani studenti nel Donetsk. (ANSA).   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA