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Migranti, per la prima volta in Italia contestato reato di tortura

Di Redazione |

AGRIGENTO – Colpiti con bastoni, calci di fucili, tubi di gomma, frustati, torturati con scariche elettriche. Minacciati e lasciati anche morire. «Per la prima volta è stato contestato il reato di tortura che è stato introdotto nel luglio del 2017. A parità di condotte criminose, è la prima volta che viene applicato il reato specifico di tortura. Oltre all’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, alla tratta, all’estorsione, alla violenza sessuale e agli omicidi». Lo dice il vice questore aggiunto Giovanni Minardi, a capo della squadra mobile di Agrigento, in merito al fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo a carico di Mohamed Condè, alias Suarez, nato in Guinea nel 1997; di Hameda Ahmed, egiziano di 26 anni e di Mahmoud Ashuia, egiziano di 24 anni.

«L’attività investigativa è iniziata con il coordinamento della Procura di Agrigento, del procuratore Luigi Patronaggio e del sostituto Gianluca Caputo nello specifico. Una volta raccolti elementi di particolare rilevanza e di competenza della Dda di Palermo, gli atti sono stati trasmessi e l’attività è stata seguita dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal pm Gery Ferrara» ha spiegato il capo della Squadra Mobile di Agrigento «Su questa attività c’è stata la massima attenzione sia della direzione generale Anticrimine e del servizio centrale operativo, sia per la delicatezza del caso che per i riverberi che può avere a livello internazionale», ha aggiunto.

«Abbiamo raccolto, così come facciamo ad ogni sbarco, informazioni e testimonianze da parte dei migranti che ci hanno rappresentato le modalità del viaggio verso Lampedusa (Ag), ma anche le vicissitudini e il supplizio vissuto nell’ex base militare della città libica di Zawyia», ha aggiunto Minardi in conferenza stampa ad Agrigento ricostruendo l’avvio dell’inchiesta che ha portato al fermo di tre presunti carcerieri. «I migranti tenuti sotto sequestro nella ex base militare venivano convinti a chiamare, al cellulare, i propri familiari che in diretta sentivano le violenze e i pestaggi». Molti dei migranti che hanno riconosciuto, attraverso le fotosegnaletiche, i tre presunti carcerieri sono stati sentiti nei centri d’accoglienza di Castelvetrano e Marsala o in alcuni Comuni della Calabria dove nel frattempo erano stati trasferiti dopo l’approdo a Lampedusa. «Abbiamo il monitoraggio di tutti i migranti che sbarcano e dei loro spostamenti – ha spiegato – In questo caso, quando i sospetti si sono concentrati su queste tre persone è stato avviato un controllo assiduo fino a quando non sono stati catturati in esecuzione del provvedimento di fermo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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