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Migranti, il grido di Papa Francesco «E’ Dio che chiede di poter sbarcare»

Di Redazione |

CITTA’ DEL VATICANO – È Dio «che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare». Lo ha detto il Papa nell’omelia della Messa, nella cappella di Casa Santa Marta, dedicata ai migranti, nel settimo anniversario della sua visita a Lampedusa. La Libia è un “inferno”, un «lager» e «ci danno la versione distillata. Ma non immaginate l’inferno che si vive lì, il lager di detenzione per questa gente che veniva solo con la speranza».

«Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»: cita questo versetto del Vangelo Papa Francesco per sottolineare che questo vale «nel bene e nel male! Questo monito risulta oggi di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti».  «La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza».«

Da Agrigento al grido di accoglienza di Papa Francesco si associa l’arcivescovo, card. Francesco Montenegro, che nel 2013 accompagnò il pontefice nel suo pellegrinaggio a Lampedusa. “Accogliere il forestiero per noi cristiani è un valore sacro: è il Vangelo che ci chiede di farlo”. Io – osserva a Vatican news il porporato – sottolineo sempre una contraddizione: noi agrigentini ci inginocchiamo davanti a San Calogero che è un santo ‘nerò. Lui ce lo teniamo stretto, mentre gli altri ‘nerì vogliamo respingerli. Lui che è nero, secondo la tradizione, venne ad aiutare i bianchi appestati, senza porsi alcun problema. Se davvero fossimo devoti di san Calogero, ed essere devoti significa saper imitare, dovremmo essere capaci anche di accogliere. In mezzo a tutta questa gente che arriva ci possono essere i delinquenti, non dico di no, ma ci possono essere anche i santi”. Montenegro dedica anche una riflessione al tempo della pandemia: “Devo dire che c’è stato un risveglio di solidarietà in questi mesi di pandemia. Non legata necessariamente al Vangelo, ma spontanea, diciamo anche laica. Io quello che mi auguro è che non dimentichiamo troppo presto quello che è avvenuto ma semmai sappiamo approfondirlo per aiutarci di più. Noi corriamo il rischio di dimenticare. In quei giorni la paura ha preso il sopravvento, anche tanta preghiera è stata fatta solo per paura. Ma dovremmo piuttosto pregare per metterci in ricerca di Dio, per sentirlo vicino”. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA