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Elezioni Agrigento, ecco le proposte dell’Associazione Bac Bac

Di Gaetano Ravanà |

“Le imminenti elezioni  per il nuovo sindaco e il nuovo Consiglio Comunale  offrono alla città un’occasione per discutere  di se stessa e del suo futuro. Questa volta più delle altre. La crisi provocata dalla pandemia  sembra porre all’ordine del giorno l’urgenza  di un ripensamento profondo del nostro modo di vivere, di essere  città, di utilizzare il tempo e lo spazio,  di spostarci,  di definire forme e misure  di un nuovo senso dell’abitare”.

E’ quello che si legge in una nota dell’Associazione Bac Bac della città dei templi.“Agrigento moderna nasce nel segno della dismisura, con una grande demolizione, di forte impatto anche simbolico, quella di Villa Garibaldi, e poi   profilandosi in  una verticalità ‘americana’ – si legge ancora – quella dei palazzoni, diaframma visivo e culturale fra la città classica e il centro storico medievale. Alla dismisura verticale si è aggiunta a partire dagli anni ’70  una dismisura orizzontale, che  ha esteso le   periferie fino ad Aragona e Porto Empedocle. Pianificazione urbanistica e ‘ spontaneità’ privata  hanno  collaborato a sviluppare una città esemplarmente antiecologica, con un uso abnorme del suolo, del trasporto privato su gomma  e della furbizia individuale, dell’arrangiarsi attraverso le relazioni personali,  come principale rimedio alla rarefazione e al  disvalore  dei beni  pubblici e comuni. Questo modello di città moderna,   malgrado l’enorme  risorsa culturale ed economica del Parco Archeologico, ha prima rallentato e poi bloccato la crescita di Agrigento,     mettendo  in fuga  all’inizio del nuovo secolo   le nuove generazioni scolarizzate. Non ci sono stati segnali in controtendenza negli ultimi anni.  Al contrario.  Con l’Amministrazione uscente il Parco Addolorata è stato completamente abbandonato, quartieri come Vallicaldi che erano stati ripuliti e abbelliti sono sprofondati di nuovo nel degrado, periferie come Villaseta sono rimaste  per mesi sommerse dai rifiuti. Mentre le case in centro storico continuano a crollare assieme ai prezzi delle abitazioni. Riteniamo che bisognerebbe cominciare a considerare ‘passato’ questo modello di città – ‘bellissima e orrenda’ la definiva Giorgio Bocca –  verificando anche  la possibilità e convenienza di mirati   interventi decostruttivi come sostengono ormai in tanti, e avviando un lungo processo di ricomposizione del  tessuto urbano che capovolga il paradigma  delle dismisure, che restituisca senso all’abitare partendo da quello che c’è, da questo presente che non riesce a passare. C’è una città che confina con Porto Empedocle e Aragona e una linea ferrata che le collega attraversando  la Valle, risalendo verso il  Parco Addolorata   con il suo  magnifico anfiteatro e l’arena cinematografica mai utilizzati, il verde e gli impianti sportivi andati in malora. Bisognerebbe sforzarsi di vedere  il futuro anche nel passato, ad esempio la nuova Agrigento nella vecchia linea ferrata, la vecchia Agrigento nella città dei grattacieli e delle automobili. Una metropolitana leggera, di superficie, potrebbe essere il nuovo Ponte Morandi, offrendo ai residenti e ai turisti  un trasporto pubblico ecologico attraverso uno dei più bei paesaggi del Mediterraneo, avvicinando la città al Porto turistico, sottraendo Villaseta e Monserrato all’isolamento e il  Parco Addolorata alla invisibilità della minuziosa decostruzione operata dall’abbandono. Una metropolitana leggera che potrebbe arrivare ad Aragona,  porta dell’entroterra, di un territorio che custodisce sopravvivenze spettacolari di antica civiltà e cultura contadina ed esperienze di  nuova agricoltura, un diverso, ulteriore  orizzonte di  attrazione culturale, turistica, economica. Una metropolitana leggera che cucirebbe anche la memoria del territorio, la sua storia. Invisibile dalla valle, nascosto dai palazzoni, c’è il nostro centro storico, con  edifici come il Museo Civico, Palazzzo Tomasi, l’ex ospedale,  vuoti, in perenne restauro, inutilizzati, o sottoutilizzati come Palazzo dei Filippini, mentre  in un’ indecifrabile piega  della periferia nord della città ci sono i locali di un’università in crisi. Si potrebbe rifunzionalizzare il centro storico come cittadella universitaria,  magari cominciando proprio da Santa Croce, riconfigurando ed estendendo i percorsi pedonali resi disponibili dai crolli, mettendoli a verde,  utilizzando  nuove tecnologie di mobilità, favorendo la diffusione del piccolo commercio. Ci sono le periferie. Con storie e dinamiche sociali e culturali diverse. Alcune   del tutto prive di cifra urbanistica come Villaggio Mosè o urbanisticamente  sensate  ma completamente fuori orbita, socialmente alla deriva  come Villa Seta, tutte tagliate fuori dai circuiti culturali che si articolano fra la valle e il centro storico, peraltro privi di quel respiro internazionale, mediterraneo che una città come la nostra dovrebbe avere. Ci sono queste periferie, dove bisognerebbe costruire o ricostruire spazi comuni, luoghi dell’offerta culturale, di sperimentazione artistica, spazi attrezzati per i bambini. E c’è il mare, il Mediterraneo da dove arrivano i migranti. Gente in fuga, che transita, con storie e drammi  sconosciuti, che scompare, gente che rimane, che mette su famiglia e manda i figli a scuola, che parla il siciliano. C’è il volontariato, la Caritas, forme individuali e diffuse di solidarietà, e c’è anche un nostro difetto  di curiosità per la loro cultura, la loro arte, la loro musica, il loro cinema. Non mancherebbero    al Parco Addolorata  spazi e strutture per ospitare rassegne e festival  sulla cultura mediterranea.  C’è questo  scarto  nel presente, una possibilità inespressa,   il cui superamento  può essere la scommessa di una generazione. C’è un Piano della mobilità, ad esempio, presentato all’indomani  dell’ elezione a sindaco di Firetto e di cui non si è saputo più nulla. Si dovrebbe cominciare anche da lì.  Dalle viuzze del centro storico invase dalle auto. Ci sono nel territorio  idee, progetti ambiziosi come  Città Teatro Agrigento, il progetto Ravanusella di cui si sono perse le tracce,  interessanti studi  di trasformazione urbana  elaborati dalla Facoltà di Architettura, ci sono competenze sparse, sottoutilizzate. Si dovrebbe partire da quello che c’è ridisegnando la mappa di ciò che è passato, di ciò che merita  di scomparire per  opera del tempo e dell’incuria  oppure  per la volontà degli uomini  di   aprire  un varco  verso il  futuro, e di  tutto ciò che può essere riconfigurato su una misura nuova, ecologica,  aggiornata anche esteticamente,  riconoscendo  il valore, anche economico, di beni immateriali come il paesaggio.  I pochi belvedere rimasti in via Atenea sono quelli più affollati dai turisti. Se esiste una condizionalità richiesta dall’Europa per l’utilizzo delle risorse messe a disposizione  ci pare che sia orientata  in questa direzione. Questa campagna elettorale può essere un’occasione per discutere  di questa città, del suo futuro. Noi intendiamo farlo da cittadini,  in  modo laico, fuori dalle tifoserie. Provando a ragionare, a saperne di più, a informarci e a informare”.                                                      COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA