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Al Giffoni Film Festival il film su Antonino e Stefano Saetta

Di Luigi Mula |

L’immenso gesto di un padre. Così moriva Antonino Saetta: il suo corpo riverso su quello del figlio Stefano. Forse, l’ultimo ed estremo tentativo di salvare la vita del proprio figlio. Nell’ultimo drammatico abbraccio. 

Trentadue anni dopo l’eccidio per mano di Cosa nostra, “L ‘abbraccio – storia di Antonino e Stefano Saetta”, il nuovo film documentario scritto e diretto da Davide Lorenzano, targato Bridge Film, restituisce la memoria di un umile uomo dello Stato.

In anteprima, sabato 29 agosto, il film sarà presentato alla 50° edizione del Giffoni Film Festival, fuori concorso.

La proiezione, alla presenza del regista, collocata nella Masterclass Cult, è prevista alle ore 18 presso la Sala Verde (GMV).

L’Abbraccio è la prima opera audiovisiva dedicata alla storia mai raccontata di Antonino Saetta, Presidente della I sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, di anni 65, e del figlio Stefano, di anni 35. Entrambi vittime di un efferato agguato di mafia teso lungo la strada statale 640, in direzione Palermo, la notte del 25 settembre 1988.

Così Saetta fu il primo giudicante assassinato dalla mafia, chi emise le sentenze dei processi per gli omicidi del magistrato Rocco Chinnici e del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile. E chi avrebbe dovuto presiedere l’appello del famoso Maxiprocesso di appello alla mafia.

L’opera comprende parti in animazione di Grafimated Cartoon Bridge Film Via Vittorio Bachelet, 2 00065 Fiano Romano (RM) www.bridgefilm.eu Filmati d’epoca, documenti d’archivio, fotografie ritrovate.

La trama esplora la vita del magistrato spaziando al legame padre figlio attraverso anche l’elaborazione di pregevoli ricostruzioni nel linguaggio della graphic novel animata, realizzati dallo Studio d’animazione palermitano Grafimated Cartoon.

Il film si rivolge perciò non soltanto ad un pubblico maturo e consapevole, ma anche al target giovane e curioso.

Una comunicazione pluridirezionale e innovativa, emozionale e necessaria, che inquadra una storia dimenticata, raccogliendo l’onore e l’onere di poterla storicizzare. Prodotto da Cristian Patanè, la produzione esecutiva è di Giuseppe Manfrè.

La direzione della fotografia è di Daniele Ciprì. La colonna sonora, con il brano “Saette”, è di Bruno Bavota. Musiche di Bruno Bavota, Andrea Campajola e Massimiliano Lazzaretti. Con Gaetano Aronica e la partecipazione straordinaria di Lidia Vitale. E con Gabriella e Roberto Saetta (figli di Antonino), Giuseppe e Alessandra Fallica (amici di casa Saetta), Gaetano Augello (storico), Carmelo Sardo (giornalista), Caterina Chinnici (magistrato, figlia di Rocco Chinnici) e Antonino Di Matteo (magistrato, membro del CSM): per il pm, quello sull’eccidio Saetta sarà il primo processo di mafia. In collaborazione con Rai Teche, Istituto Luce, Banca Mediolanum, Azienda Agricola Milazzo Terre della Baronia, Comune di Palermo, Comune di Canicattì. «Così, finalmente, Antonino e Stefano Saetta potranno essere tributati, come d’altronde meritano e avrebbero meritato in questi 32 anni di drammatico oblio. Ho cercato di adoperare un linguaggio appetibile ai più giovani, vedendo in loro quella medesima curiosità che mi aveva pervaso tra i banchi di scuola» è la nota del regista Davide Lorenzano. «Lavorare alla ricerca, scrittura e direzione di quest’opera, prodotta da Cristian Patané per Bridge Film, coadiuvato da Daniele Ciprì alla fotografia, mi ha consentito di conoscere non un semplice magistrato bensì una personalità immensa, dal nome che pare essere quello di un supereroe, e con lui quella del figlio Stefano, di cui finora si avevano poche e inesatte informazioni. Già dall’alba del 26 settembre del 1988, questa vicenda appariva sbiadita. Lo racconta il collega Carmelo Sardo, tra gli intervistati, chi si recò sul luogo del delitto quella mattina. Alla narrazione di Gaetano Aronica, s’aggiunge il racconto, toccante quanto necessario, dei familiari, nonché di Antonino Di Matteo, il sostituto procuratore, oggi membro del Csm, che alle prese con il suo primo processo di mafia riaprì il fascicolo inizialmente archiviato nei confronti di ignoti» ha dichiarato Lorenzano.

LA SINOSSI

È la notte del 25 settembre 1988, una notte più luminosa delle altre: la luna è piena e irradia la Statale 640, quella che da Agrigento conduce a Caltanissetta; un’auto è in corsa quando, all’altezza del viadotto Giurfo, è attaccata da un commando di sicari che esplode una gragnola di piombo contro gli ignari passeggeri del veicolo. I corpi, straziati e irriconoscibili, appartengono ad Antonino Saetta, di anni 65, presidente della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, e al figlio Stefano, trentacinquenne. Entrambi diretti nel capoluogo siciliano, senza blindaggio né scorta, dopo avere partecipato al battesimo di un nipotino a Canicattì. Antonino, condannato a morte da Cosa nostra perché impassibile al compromesso ma donato alla causa della Giustizia e Stefano, martire inconsapevole di una realtà spregevole che non risparmia nessuno. Dal processo alle Brigate Rosse, a Genova, a un altro che fa epoca, quello del naufragio della nave mercantile Seagull, cui esito condurrà a una svolta legislativa. Ma Nino Saetta è anche il giudice che emana le severe condanne contro mandanti ed esecutori della strage che colpì Rocco Chinnici e dell’assassinio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile.

Perciò la mafia uccide, per la prima volta, un magistrato giudicante, il più accreditato a presiedere l’appello del famoso Maxiprocesso, e, per la prima volta, insieme a un figlio.

Lo stesso che, quella notte di plenilunio, fu ritrovato con il corpo del padre riverso sul suo. Forse, l’ultimo ed estremo tentativo di Antonino di salvargli la vita. Nell’ultimo drammatico abbraccio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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