Bimba schiacciata da tv, mamma condannat...
05/12/2016 - 08:00
di Antonino Ravanà
Agrigento - Nell'edificio di contrada Calcarelle che ospitava l'Istituto professionale “Enrico Fermi” di Agrigento, i vandali hanno distrutto tutto aula per aula, ufficio per ufficio, corridoio per corridoio. Nei quattro anni di abbandono la loro azione è stata ripetuta, devastante, minuziosa. Non si è salvato nulla. Nemmeno i sanitari e i caloriferi, scardinati dalle pareti di aule e bagni, o le porte e finestre, sfondate e buttate giù.
Nel tempo poi le infiltrazioni dell'acqua piovana hanno portato a crepe e lesioni su alcune pareti. Così lo stato di abbandono, i ripetuti saccheggi, e in ultimo l'incendio dell'altro ieri, hanno contribuito a decretare la fine della gloriosa scuola agrigentina, da oltre 1.000 iscritti all'anno.
Il nostro quotidiano è riuscito ad accedere nei locali e a toccare con mano la "morte" di quella che era considerata una piccola cittadella scolastica. Un'istituzione storica di Agrigento oramai a pezzi e irrecuperabile. Era il settembre del 2012, quando a pochi giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico, l'ex Provincia (oggi Libero consorzio) con una circolare intimò l'utilizzo della scuola, perché potenzialmente pericolosa. Dopo decenni la scoperta che venne realizzata con il cemento depotenziato. Quindi arrivò l'inagibilità e le immancabili conseguenze negative per studenti e corpo docente. Tra le ipotesi prospettate allora anche quella di adottare lo stesso sistema che venne attuato successivamente al sequestro, per l'ospedale San Giovanni di Dio, che risultò anch'esso realizzato con cemento depotenziato.
Pur essendo l'edificio sequestrato e con un provvedimento di sgombero in atto, tutte le attività non vennero sospese. Non fu così per l'Ipia. Il trasloco avvenne perché l’edificio non era a norma e le ristrutturazioni necessarie non sono mai arrivate.
La speranza di tornare forse c’era, ma tale è rimasta. Da allora la struttura, infatti, è in un deprimente stato di assoluto abbandono e degrado. Cinque grandi padiglioni ridotti a pezzi. Negli anni si sono susseguiti decine di raid vandalici e ad opera di ladruncoli.
La mancanza di vigilanza, l'abbandono, e il disinteresse generale hanno facilitato i malintenzionati ad agire indisturbati. Nei diversi locali le prese sono state strappate dalle pareti una a una, i cavi in rame dell'impianto elettrico, sradicati stanza per stanza, compresi quelli dei tombini esterni, le centraline elettriche sfondate e depredate. Tutti i sanitari frantumati e sparsi in un piazzale esterno, prima ancora però i ladri hanno fatto man bassa di rubinetterie e raccordi idraulici.
In ogni classe tutti i mobili di legno sono ormai spezzati, divelti i lampadari al neon. Decine di porte e finestre sradicate, altre sfondate. Lo stato di abbandono è stata causa della comparsa di crepe su alcune pareti di un paio di padiglioni. Il destino della struttura è segnato.
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