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Omicidio Loris, si allungano i tempi della decisione del Riesame su Veronica

E intanto è scontro tra la difesa della donna e l’accusa

Redazione La Sicilia

03 Gennaio 2015, 01:01

Omicidio Loris, si allungano i tempi della decisione del Riesame su Veronica

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Si allungano i tempi per il deposito della decisione del Tribunale del riesame di Catania sulla richiesta di scarcerazione presentata dal legale di Veronica Panarello, la 26enne accusata di avere ucciso il figlio Loris, di 8 anni. Tecnicamente per la notifica del provvedimento i giudici hanno tempo fino alla mezzanotte di oggi e l’ordinanza, al momento, non risulta ancora consegnata. Il collegio, presieduto da Maria Grazia Vagliasindi, giudici a latere Pietro Currò e Aurora Russo, può convalidare l’ordinanza di custodia cautelare e decidere di lasciare in carcere Veronica Panarello o, anche se non richiesto dalla difesa, disporre una detenzione meno afflittiva come gli arresti domiciliari; o, infine, annullare la decisione del Gip di Ragusa, Claudio Maggioni, e ordinare la scarcerazione della donna. LO SCONTRO TRA ACCUSA E DIFESA. Quando in aula proiettano quella foto - il faccino di Loris già morto, la bocca aperta e le labbra bianche, la lingua in mezzo ai denti - lei crolla. E urla: «Basta, basta, basta più. ‘U picciriddu, il mio bambino. Che gli hanno fatto al mio bambino? ». Veronica Panarello scoppia in lacrime. E il presidente del Riesame, chiamato a decidere entro oggi a mezzogiorno se la madre accusata di aver ucciso il proprio di otto anni resterà in carcere o tornerà in libertà, sospende la seconda e ultima delle due udienze-fiume a Catania. Un quarto d’ora di pausa. Caffè dalla macchinetta che funziona un espresso sì e un espresso no, il bagno per chi non ha rimosso pure l’esigenza di fare pipì. Quindici minuti. Un minuscolo brandello di tempo, che galleggia nell’eternità di un mese. Ma abbastanza lungo - questo quarto d’ora - per pensare che in fondo ognuno, in quel momento, è lì perché il 29 novembre scorso a Santa Croce è morto un bambino di otto anni. E che l’unica persona accusata di avergli tolto la vita, quella donna di 26 anni con le mani sottili e il viso pallido, è la stessa che l’ha messo al mondo. Colpevolissima o innocentissima. Bianco latte o nero di seppia. Una divaricazione profonda. E insolita, visto che il tribunale del Riesame di Catania (presidente Maria Grazia Vagliasindi, giudici a latere Pietro Currò e Aurora Russo) da ieri pomeriggio riunito in camera di consiglio, dovrà “soltanto” decidere se sussistono quei requisiti - gravi indizi di colpevolezza, pericolo di fuga, ipotesi di reiterazione del reato - messi nero su bianco dal gip di Ragusa, Claudio Maggioni, nell’ordinanza di custodia cautelare. Eppure, di fatto, nelle 18 ore spalmate in due udienze, fra mercoledì scorso e ieri, accusa e difesa si sono combattute come in un vero e proprio processo. Fra coupe de théâtre, scontri verbali durissimi, montagne di carte, perizie e controperizie, nello scorrere parallelo di due “film” diversi su quel sabato maledetto. Perché le tesi della Procura di Ragusa e dell’avvocato difensore sono il giorno e la notte. LA TESI DELL’ACCUSA. Il procuratore Carmelo Petralia e il sostituto Marco Rota sono più che mai convinti della ricostruzione sulla quale si fondano il fermo di polizia e l’ordinanza del gip: «Tutti gli indizi sono univoci e portano a Veronica Panarello». I pm, dopo la meticolosa analisi dei filmati di 41 telecamere pubbliche e private presenti a Santa Croce, ribadiscono anche davanti al Riesame alcuni punti “blindati”: i sistemi di videosorveglianza «dimostrano senza dubbio che quel giorno la mamma non ha accompagnato il figlio a scuola», che «non ha seguito lo stesso percorso dei giorni precedenti» e per «due volte passa velocemente davanti alla strada del Mulino Vecchio, dove sei ore dopo è trovato il corpo del bambino, dicendo che lo fa per gettare la spazzatura, con tanti cassonetti vicino casa... ». LA TESI DELLA DIFESA. L’avvocato difensore, Francesco Villardita, contesta «tutti i punti dell’ordinanza con memorie e consulenze» riscontrando «diverse criticità». E, sulla ricostruzione delle telecamere in particolare, Villardita ha prodotto due consulenze di parte, firmate da un docente universitario di Informatica investigativa e da uno studio di esperti videoforensi. Sostenendo, oltre all’errato allineamento degli orari delle telecamere e alla «scarsissima qualità» di alcune riprese, che la sagoma del bambino che si vede entrare in casa alle 8,30 (anziché andare a scuola, come sostiene la madre) non corrisponde alle misure di Loris. Così come, secondo la difesa, non c’è alcuna coincidenza fra l’auto della donna e quella che si vede in una ripresa nei pressi del mulino vecchio. Ma lo scontro decisivo - e anche quello più duro in aula - è sul lavoro dei medici legali, così come anticipato ieri dal nostro giornale. Villardita lo conferma ai cronisti entrando in tribunale, inserendo fra i punti contestati «il protocollo per stabilire l’orario della morte di Loris e la relazione preliminare dell’autopsia». Il primo nodo è basato su una presunta lacuna del medico legale di Ragusa, Giuseppe Iuvara, che non avrebbe utilizzato il termometro rettale sul cadavere del bambino, come da protocollo, utile a fornire elementi oggettivi sulla morte attraverso il confronto fra la temperatura del corpo e quella esterna. Inoltre, secondo una perizia di un consulente del penalista, il decesso del bambino sarebbe avvenuto non tra le 9 e le 10 del mattino, come sostiene l’accusa, ma diverse ore dopo, scagionando quindi la mamma che era a Donnafugata a seguire un corso di cucina. Il terreno di scontro, in questo caso, è l’ipostasi (ovvero il ristagno del sangue) sulla corpo. «Scarsa» secondo la relazione preliminare del medico legale, mentre il docente universitario chiamato in causa dalla difesa sostiene che già otto ore dopo il decesso l’ipostasi è «completa». E se allora Loris è morto davvero fra le 9 e le 10, come sostiene l’accusa, l’assenza di un ristagno totale del sangue al momento dell’ispezione cadaverica (avvenuta in serata) per il perito della difesa sposta in avanti le lancette del delitto. Dubbi, nella perizia di parte, anche sull’asfissia da stragolamento come causa della morte. Tutte tesi contestate con fermezza dalla Procura, che sostiene in pieno la validità delle perizie medico-legali. Tanto più che - come apprendiamo da qualificate fonti investigative - nella relazione preliminare, firmata da Iuvara e vistata da un “big” della scientifica di Roma che l’ha affiancato, l’ipostasi «viene rilevata e descritta nonostante la scarsa illuminazione artificiale del luogo di rinventimento del cadavere». Il mancato uso del termometro rettale verrà motivato nella relazione finale, ancora non consegnata, poiché nei casi di sospetta violenza sessuale (ipotesi considerata da investigatori e medico legale per le condizioni particolari in cui è stato ritrovato il cadavere di Loris: con i pantaloni abbassati e senza slip) «la misurazione non può essere effettuata così come prevede il protocollo di medicina legale». Nessun dubbio, invece, sulla morte «sopravvenuta per asfissia meccanica da strangolamento», attestata da elementi quali «il solco omogeneo e trasversale a tutta circonferenza sul collo, il colore della pelle, la posizione della lingua e la secrezione sieroematica dal naso». I TESTIMONI. L’ultima sfida difesa-pm è sul peso di alcuni testimoni. «Ci sono testi le cui dichiarazioni sono state analizzate approfonditamente rilevando incongruità rispetto alla tesi dell’accusa», sostiene l’avvocato Villardita precisando che «non ci sono indagini della difesa», ma la «rilettura di alcune dichiarazioni» già agli atti dell’inchiesta e valutate dalla Procura. Tra queste c’è quella di una vicina di casa che ha visto e sentito Veronica fare le faccende di casa «almeno fino alle 9», riducendo - secondo la tesi difensiva - a circa 20 minuti, al netto dei 97 secondi di telefonata fra Veronica e il marito David Stival partita alle 9,02, il tempo disponibile per uccidere il bambino, ripulire la scena, trasportare il corpo dal terzo piano al garage e uscire con l’auto alle 9,23. E poi la testimonianza di una donna di Santa Croce che subito dopo la scomparsa disse di avere visto Loris e di averci parlato, intorno alle 9,30, vicino a una fontana del paese. Ma risentita dagli investigatori avrebbe precisato di non essere certa del giorno. Come ha fatto la vigilessa che aveva detto di avere visto Loris dirigersi a scuola. Testimoni «irrilevanti» o «inattendibili» per l’accusa. Intanto davanti il carcere di contrada Petrusa di Agrigento si è radunata una folla di cronisti in attesa della decisione del Riesame. Sul posto c’è anche il padre di Veronica Panarello.