Addio “StregaNissetta” Gela abbraccia Catania Liberazione o inganno?
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GELA. Hanno lo stesso nome: Vincenzo. E una sessantina d’anni di differenza. Li incontriamo entrambi in piazza Umberto. Il primo, Vincenzo senior, sputa. Saliva giallastra, sul terriccio dell’aiuola. E sentenze, sul taccuino del cronista: «Caltanissetta o Catania? Diciannove soldi e una lira... Disperati siamo e disperati restiamo. Diceva mia madre: meglio soli che malaccumpagnati. Abbiamo pure il presidente della Regione, gelese: dovremmo essere la capitale della Sicilia. E invece lo vede comu ni finiu? Chiu scuru di menzanotti non può fare... ». Vincenzo junior, invece ci accompagna, percorrendo la stradina che costeggia il municipio, fino al lungomare: «Qui prenderemo il sole chissà per quanto ancora, a Caltanissetta fra un po’ mettono il cappotto. Noi siamo industriali, loro vivono di stipendi pubblici. Noi studiamo, ci curiamo, compriamo a Catania. Noi, come Catania, abbiamo il mare. Che a Caltanissetta non sanno manco com’è fatto... ».
Vincenzo sfodera il cellulare. E ci mostra una fiaba che gira sul web: c’è Gela (una bimba con le treccine) che – come Cappuccetto Rosso, ma al posto del bosco c’è la Statale 514 – cammina beata verso la Città metropolitana. Ma contro di lei trama la “StregaNissetta” che assieme al lupo (chissà chi è?) prova a stopparla in tutte le maniere, comprese le pressioni sul “Consiglio dei Quattro gatti” che dovrà decidere sulla destinazione. «È tutto spiegato qui, non c’è nient’altro da aggiungere», taglia corto il giovanotto. Eppure non è così. C’è molto altro: rivalità storiche, giochi politici, assi trasversali, interessi economici, partite elettorali. Il futuro del prossimo secolo. Altro che favolette. Ed è per questo che sul voto del Consiglio comunale di Gela (seduta convocata oggi alle 9) c’è una pressione indicibile. I 30 consiglieri sono chiamati a confermare l’esito del referendum del 13 luglio dello scorso anno: 23mila gelesi (il 36% degli aventi diritto) votarono per l’adesione al Libero consorzio di Catania, con il 99% dei “sì”.
«Quello di portare in aula la delibera di conferma – argomenta il sindaco di Gela, il grillino Mimmo Messinese – è un atto dovuto, in ossequio al voto popolare». E anche l’esito in aula dovrebbe essere scontato: per l’abbraccio con Catania ci sono almeno 17 voti, uno in più della maggioranza assoluta degli aventi diritto. Ma allora perché tutta questa pressione sull’esito della seduta di oggi? Partiamo dagli scranni: favorevoli tutti i 5 del M5S, 9 di tre gruppi di liste civiche; ma soltanto uno dei 5 del Megafono e 2 dei 7 del Pd. Questi numeri ci portano su una strada molto più tortuosa di quella mostrataci dal sindaco Messinese. Che ammette: «Sì, io sono per Catania. Ho già incontrato il collega Enzo Bianco, era la prima volta che lo vedevo. Abbiamo condiviso le nostre idee: con noi, Catania diventerà la quinta realtà più grande d’Italia e poi la nuova legge attribuisce alle città metropolitane risorse e iter speciali per sviluppo, infrastrutture e fondi Ue».
Per Messinese «nessun inciucio», perché «il discorso non è politico, ma realistico», pur nell’onesta convinzione che «andare con Catania non significa risolvere tutti i nostri problemi». Del resto anche Bianco, super–sindaco metropolitano in pectore, ha promesso ai gelesi: «Entrerete dalla porta principale». E il trasloco sotto il Vulcano è benedetto anche dal leader carismatico dei 5 Stelle in Sicilia: Giancarlo Cancelleri da Caltanissetta, città che rischia di perdere, oltre a Gela, anche Niscemi. «Il passaggio con Catania – ha detto in una recente assemblea nell’aula consiliare gelese – non è assolutamente negativa per questa città». Provocando l’attacco frontale del consigliere forzista Salvatore Scerra: «È solo populismo di chi vuole liberarsi dei gelesi per diventare il padrone incontrastato dei voti nel Nisseno».
Cancelleri non ha fatto una grinza: «Il popolo ha già deciso, noi rispettiamo la sua volontà». Ma proprio questo, per il fronte del no, è il punto debole della faccenda. Uno dei trascinatori è il deputato regionale del Pd, Giuseppe Arancio. «La volontà popolare è stata tradita. L’anno scorso i gelesi dissero sì all’adesione al Libero consorzio etneo che con la vecchia legge era autonomo rispetto alla Città metropolitana, per andare in una nuova aggregazione dove, senza Catania, il comune capofila sarebbe stato quello col maggior numero di abitanti. E cioè Gela! ». Arancio, sostenuto anche dal presidente del Consiglio, Alessandra Acia (dei “Coraggiosi” di Ferrandelli), ammette che nel suo partito c’è «una posizione articolata» e invita a «una riflessione», promuovendo «un tavolo di lavoro fra i capigruppo».
Anche perché «la strada maestra resta un Libero consorzio guidato da Gela, e la legge ci consente sei mesi di tempo per provarci». Gli fa sponda, in un asse demForza Italia, l’ex presidente della Provincia e ora deputato all’Ars, Pino Federico: «Sarebbe un salto nel buio, noi dentro Catania saremmo periferia dell’impero». E, quando sente parlare di vendetta contro Caltanissetta, sbotta: «Ma se negli ultimi 15 anni la Provincia è stata guidata da gelesi? Se fallimento c’è stato, è stato della classe politica gelese. Tutte le scelte più disatrose, comprese le ultime di Crocetta, sono state fatte da gelesi, i nisseni non c’entrano nulla». Ma perché questa ostilità per Catania?
«Non ci regaleranno nulla, Bianco fa promesse da marinaio». Ancor più duro il presidente dell’Ordine degli avvocati, Antonio Gagliano: «Dire che il trasferimento di Gela nello sgabuzzino della città di Catania è una pagina di storia scritta da noi cittadini è una spudorata mistificazione, un’indecorosa bugia». Gagliano è vicino a “Polo civico”, che ha due consiglieri. Entrambi per il no. I comitati sono più agguerriti che mai: vedono l’Etna a un passo. Il primo a metterci la faccia è stato Filippo Franzone, falegname, con il Comitato per lo sviluppo dell’area gelese, trionfatore del referendum. «Nessun trucco, il Libero consorzio scelto attraverso quel voto esiste, e costituisce la Città metropolitana. E poi nessun libero cittadino vuole restare con Caltanissetta. Sono rimasti solo pochi, legati al sistema partitico–politico che ha distrutto questa città». Da una costola del comitato di Franzone è nato Gelensis Populus, quello del (geniale) cartone animato della “StregaNissetta”, molto attivo sui social.
«Diversità di vedute» dal Csag, ma stesso obiettivo: «Solo le persone libere e coraggiose possono fare la storia – dice Liliana Bellardita – e la nuova storia di Gela è stata scritta l’anno scorso». Il comitato, sempre con l’iconografia della strega e del lupo che tramano, lancia l’allarme pagghiumata (ribaltone, impostura: ma la traduzione non rende...), invitando i cittadini nell’aula consiliare «per esortare il passaggio alla Città metropolitana di Catania». E se invece di una fiaba fosse una spy story? O magari un film dell’orrore? In entrambi i casi il potenziale protagonista, in apparenza, è assente. Il più celebre cittadino di Gela si chiama Rosario Crocetta. Sull’argomento non si è mai pronunciato. «Non viene qui dal giorno dello spoglio elettorale», ci dicono in piazza. “Gela città decrocettizzata”, fu il titolo di qualche quotidiano. E lui, il governatore, forse ne ha preso atto. Del resto, il clima che si respira in vista della seduta consiliare di oggi ci ricorda quello prima delle Amministrative. Un voto di pancia, contro gli odiati nisseni, con lo stesso istinto con cui in molti scelsero il sindaco grillino «per punire Saro».
Destinazione Catania? Sì, forse. Ma fino a ieri sera il voto del consiglio non era scontato. Riunioni, caminetti, sms, frenetiche telefonate. «Ma perché questa fretta? », è la frase che gira vorticosamente. La legge regionale 15/2015, ai comuni “ribelli”, dà tre mesi di tempo (fino al 4 novembre) per pronunciarsi. «Pensiamoci bene», sussurra chi punta a un rinvio del voto di oggi. E alla fine si potrebbe davvero decidere di non decidere.
twitter: @MarioBarresi
[HA COLLABORATO LAURA MENDOLA]