Viaggio in Tunisia tra minacce dell'Isis e il profumo della democrazia
Nei luoghi della primavera araba dove ora si spera nella rinascita del turismo
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TUNISI - Non è di certo facile per un Paese risollevarsi dalle stragi, dagli attentati terroristici. Non è affatto facile riprendere la vita di ogni giorno con la paura che qualcuno possa uccidere, allo scopo di offendere e soffocare la libertà di un popolo. Lo sanno bene i cittadini tunisini che nel 2015 hanno dovuto fare i conti con ben tre attentati terroristici. Nulla però è impossibile per una nazione che da sempre ha cercato di riscattarsi dal fondamentalismo islamico, dall’Isis, puntando ad occhi aperti verso un sistema moderato che guarda all’occidente e che conserva tutta la sua ricchezza di tradizioni e storia. Per la Tunisia il 2015 è stato un anno orribile.
A marzo un commando terrorista ha assaltato il museo nazionale del Bardo a Tunisi, dove oggi è stato eretto un monumento in ricordo dei caduti: 24 persone, tra cui 21 turisti (4 italiani) e altri 45 feriti. A giugno, tre uomini armati sono sbarcati sulla spiaggia di un resort turistico a Sousse, massacrando 39 persone e ferendone altre 38. Il 24 novembre altri 12 morti tra le guardie presidenziali a bordo del bus saltato in aria nella capitale. In tutti i casi, è arrivata la rivendicazione dell’Isis. Tutto questo orrore, così come accaduto a Parigi, e a Bruxelles, non ha scoraggiato i tunisini che in primis hanno, con determinazione e sete di democrazia, ricominciato a vivere, ad affollare le strade, i locali, gli alberghi, i ristoranti, i musei, i parchi archeologici, le spiagge, sempre convinti che il terrore si combatte con l’istruzione, la cultura e il confronto democratico. Nei migliori ristoranti di Sidi Bou Said, nota località a due passi da Tunisi, in bella mostra i vini siciliani. Nessun commento sull’esportazione di olio tunisino in Italia considerato come un aiuto dell’Europa all’economia tunisina devastata dagli attentati.
«Speriamo che per il 2017 le navi da crociera possano tornare a Tunisi». È l’auspicio del direttore generale dell’Ente nazionale del turismo tunisino, Abdellatif Hamam, espresso durante un educational tour promosso dall’ente insieme alla compagnia di bandiera TunisAir e rivolto a circa 200 tra giornalisti e tour operator italiani per mostrare le nuove misure di sicurezza adottate e rilanciare la destinazione.
«Nell’ultimo anno gli italiani hanno avuto timore a venire qui e possiamo comprenderlo dopo quello che è successo – ha sottolineato Hamam - ma oggi la Tunisia è un Paese sicuro. Il nostro popolo ha detto chiaramente ai terroristi ‘qui non c’è posto per voi’ e oggi alberghi, spiagge, musei e siti archeologici sono sotto controllo. La frontiera con la Libia è presidiata e la Tunisia è parte attiva di una coalizione internazionale contro il terrorismo». Il direttore dell’ente turistico parla di “un’eccezione Tunisia” nel panorama del mondo arabo. Il Paese ha un presidente eletto democraticamente e secondo Reporters sans frontières, è al primo posto tra i Paesi arabi per la libertà di stampa. «Siamo consapevoli che la Tunisia offra un modello di apertura filo-occidentale che possa dare fastidio a qualcuno – ha aggiunto Hamam - Finora abbiamo investito soprattutto nell’istruzione, ma ora la sicurezza è una priorità del governo». Al Museo del Bardo oggi una stele e un mosaico ricordano le vittime, compreso Akil, il cane poliziotto ucciso nel blitz. «Il Bardo è il simbolo dell’apertura della Tunisia all’altro, alla cultura, qui c’è la collezione di mosaici romani più ricca del mondo. Isolare dall’Occidente il Paese per dominarlo era l’obiettivo dell’Isis, ma non ci sono riusciti, la società civile tunisina non lo ha permesso». Così Moncef Ben Moussa, curatore del museo del Bardo di Tunisi dove i fori provocati dagli spari non sono stati volutamente cancellati, scelta consapevole della direzione ‘a futura memoria’ di un terrore insensato ed estraneo alla cultura del Paese “più occidentale d’Africa”.
«I primi a chiedere di visitare il museo in segno di riscatto sono stati i tunisini, che prima delle stragi non superavano il 5% degli ingressi – ha continuato il curatore del museo- questo ha permesso di attutire la percezione del calo delle visite».
Il giorno dell’attentato Moncef era in riunione in un ufficio adiacente con alcuni colleghi del Louvre. «Ho un ricordo terribile di quelle ore, alcune immagini non potrò mai cancellarle, ma dopo aver provato la paura posso assicurare che il governo sta facendo di tutto. Le cose sono cambiate, gli stessi agenti hanno ricevuto una formazione speciale. Mi chiedete come si fa ad entrare armati in un museo - dice Moncef - mi chiedo come sia stato possibile uccidere una decina di persone nella redazione di Charlie Hebdo. Quale Paese oggi può dirsi davvero al riparo dalla follia estremista? Tutto il mondo è in pericolo, ma ora tocca alla cultura, dobbiamo pensare al futuro dei nostri figli». La Tunisia prova così a riscattarsi, guardando a quell’Europa che sente vicina e lo fa mettendo in mostra tutte le proprie bellezze difese e amate da un popolo che vuole guardare ad un futuro migliore.
Onorio Abruzzo