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Gela, operai minacciano «Bloccheremo il gasdotto da Libia»

Gela, operai minacciano «Bloccheremo il gasdotto da Libia»

Tensione altissima davanti la Raffineria dopo le incertezze del piano industriale dell’Eni e i primi quindici licenziamenti nell’indotto. Durissimo Crocetta: «Intervenga Renzi»

Di Redazione |

«Nel 2013, per ben due volte, i rivoluzionari in Libia e i sommovimenti politici, hanno causato l’interruzione del gasdotto Green Stream, costringendo l’Eni e il governo italiano a intervenire. Oggi a Gela c’è una battaglia civile, non meno motivata e determinata: quella per il lavoro e lo sviluppo. Non vorremmo che per attirare l’attenzione del governo italiano fossero necessari fatti eclatanti come quelli avvenuti al gasdotto in Libia, dove una rivoluzione ha azzerato le istituzioni del Paese». È quanto si legge in un comunicato diffuso dal «coordinamento per la difesa della Raffineria di Gela», che ha chiesto al governo e all’Eni una soluzione alla crisi del Petrolchimico gelse e nel quale si annuncia anche per domani mattina una seduta straordinaria, congiunta, dei consigli comunali di Gela, Butera, Niscemi, Mazzarino, Sommatino, Vittoria, Acate e Priolo nel piazzale antistante l’approdo gelese del gasdotto «Greenstream», in contrada «Bulala». Ancora più espliciti i lavoratori: «Se a Roma vogliono la rivolta, come in Libia – dicono – siamo pronti a scendere in campo, per difendere il lavoro e il sostentamento delle nostre famiglie». All’Eni si chiede la conferma del piano di investimenti per 700 milioni di euro e l’avvio di almeno una delle tre linee di produzione. PRIMI LICENZIAMENTI. Quindici dei 40 dipendenti della «Riva e Mariani», un’impresa appaltatrice che opera nel settore della coibentazione e dell’isolamento termico di apparecchiature e tubazioni sono stati licenziati. Non è andata infatti a buon fine la trattativa per utilizzare lo strumento della mobilità e dall’azienda sono partite le lettere di risoluzione del rapporto di lavoro a decorrere dal 12 luglio. Un’altra azienda chimica, la francese “Ecorigen”, che effettua lavori di rigenerazione dei catalizzatori per l’industria petrolchimica, potrebbe anche ricorrere al licenziamento a causa del fermo prolungato della raffineria non le garantisce più la fornitura di gas come l’idrogeno e l’acido solfidrico, usati come materie prime per i processi di lavorazione. In pericolo 90 posti di lavoro. IL PRESIDENTE CROCETTA. «Non posso permettere che si sferri un attacco all’occupazione in Sicilia come quella che sta facendo l’Eni a Gela. Anche oggi l’annuncio sulla chiusura dei pozzi. È vergonoso tutto questo. Ancora di più che questo lo faccia un’azienda i cui vertici sono nominati dal Governo. È spaventoso è al di fuori di ogni logica, si vuole uccidere la Sicilia. È assurdo ciò che sta facendo l’Eni. C’è questo atteggiamento padronale da padrone delle ferriere. Non si può avere una linea così nei confronti della Sicilia. Prima la Fiat di Termini Imerese e ora l’Eni, insomma i grandi gruppi. Spero che i parlamentari facciano la necessaria pressione sul Governo e sul Parlamento perché questo piano venga sconftitto». Lo ha detto il Presidente della Regione Rosario Crocetta, intervenendio sulla vicenda del piano industriale dell’Eni che prevede dei tagli occupazionali a Gela.

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