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Crisi: un siciliano su due rinuncia a curarsi

Crisi: un siciliano su due rinuncia a curarsi ma s’intravede una luce in fondo al tunnel

La ricerca delle Acli: meno soldi anche per studio e cultura

Di Andrea Lodato |

CATANIA – Si direbbe niente di nuovo sotto questo cielo reso plumbeo e pesante dalla crisi. Nulla di nuovo nella consueta ricerca delle Acli siciliane, che registrano anche nei primi sei mesi del 2014 una situazione di dramma sociale crescente. Ma, in effetti, qualcosa di diverso forse emerge. E se registriamo con angoscia l’elenco delle tristi rinunce forzate per i siciliani colpiti dalla crisi, salta fuori che, nonostante tutto, qualche speranza di uscirne fuori c’è. Partiamo, però, dai dati che le Acli hanno messo insieme con il loro campione di intervistati. Il primo numero da sottolineare è un 41,8% che si avvicina molto alla metà dei siciliani: è la percentuale di cittadini che negli ultimi sei mesi ha dovuto rinunciare a cure mediche e acquisto di medicine.   Terribile. Ma il problema numero 1 è quello legato al lavoro, l’inchiesta delle Acli è chiara, inequivocabile. Si può anche rinunciare alle vacanze e ai viaggi (74%), a bevande e cibi costosi (86,6%), mobili e arredi nuovi (84,5%), ma il chiodo fisso, l’assillo per tanti resta quello del lavoro che non c’è. Nonostante l’alto titolo di studio conseguito, la maggior parte degli intervistati dele Acli è disoccupata (37,6%). A questa percentuale occorre aggiungere una quota significativa di persone in attesa di prima occupazione (14,0%) che ingrossano ulteriormente le fila di quella metà della popolazione siciliana che risulta non lavorare e quel 18% che negli ultimi quattro mesi il lavoro non lo ha neanche più cercato. La drammaticità di questo quadro è ulteriormente contrassegnata dalla sfiducia che si accompagna a tale condizione: ben il 18% degli intervistati ha difatti dichiarato che negli ultimi quattro mesi non ha cercato lavoro. Chi lo cerca, invece, si affida prevalentemente ai centri per l’impiego della sua provincia (42%) e in misura minore alle agenzie per il lavoro private (8%). Il rimanente 50% di coloro che cercano lavoro predilige un contatto diretto rivolgendosi in prima persona alle aziende (24%) o ad amici e conoscenti (26%).   Spiega Santino Scirè, presidente delle Acli siciliane: «Sappiamo bene che lo sviluppo e la crescita non ripartono. In particolare il Mezzogiorno e in modo ancor più marcato la Sicilia, vive condizioni di grande vulnerabilità sociale, di disparità e di deficit di cittadinanza. Insomma, i conti si devono fare innanzitutto con il lavoro che manca o che, quando c’è, assume una forma sempre più precaria. Ecco perché occorre che la politica riparta dalla persona, non pensando semplicemente ad una gestione burocratica dei problemi quanto piuttosto alla sua dimensione umana e relazionale, sviluppando misure e politiche del lavoro capaci di incidere sugli svantaggi di questo mercato puntando sulla promozione effettiva della famiglia e della sua soggettività sociale. Ritengo che in una situazione così difficile, sia importante la speranza positiva che emerge dal 70,5% degli intervistati i quali credono e sperano che la ripresa socio-economica della Sicilia e dell’intero paese sia vicina; pertanto, è necessario proporre un’alternativa edificando sedi di confronto in funzione dei nuovi bisogni emersi, perché bisogna riportare al centro le persone e la comunità come perni della nostra società, rispondendo con efficienza ed efficacia alle nuove domande di welfare al fine di garantire gli strumenti necessari alla costruzione di un progetto di vita dignitoso». La speranza, dunque, c’è, in un quadro che, va sottolineato, ci ricorda che l’80% dei siciliani fa la spesa solo dove compra sotto costo, il 65,5% ha pagato in ritardo o non ha pagato le bollette e il 71% ha pagato in ritardo rate per oggetti acquistati. A chi rivolgersi per chiedere aiuto? Anche stavolta la ricerca Acli è impietosa: ai servizi sociali dei Comuni ha fatto ricorso solo l’11,5%, il 38% ad associazioni di volontariato, mentre il 44% ha chiesto aiuto a parrocchie e Caritas.

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