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Suini neri e stranieri nella Valle del Fitalia la Grande Lentezza del “Nebrodi-Shire”

Suini neri e stranieri nella Valle del Fitalia la Grande Lentezza del “Nebrodi-Shire”

Strutture di charme e cucina di qualità. «Qui la vita segue il ritmo che vuoi tu»

Di Mario Barresi |

Vivevano, felici e contenti, in Germania. Lavoro, soldi, serenità, prospettive per i figli. Ma allora perché Antonio e Romina hanno deciso di tornare su queste montagne aspre e profumate? Per nostalgia, certo. Ma anche perché qualcosa si muove, in questo microcosmo di slow life. Qui, nella valle del Fitalia, una scalata-discesa fra mare e Nebrodi, non sembrerebbe nemmeno un afoso fine settimana di luglio se non ci fossero così tanti «forestieri» in giro per le stradine strette e linde. Eccoci a Galati Mamertino, paese-bomboniera e simbolo mignon di un nuovo modo di fare turismo. Ed è per questo, al netto della casa-dolce-casa, che Antonio Basile e Romina Fabio sono tornati alla base. «Ci occupiamo di “incoming” dall’Europa, soprattutto Germania e Olanda, ma fra poco anche Francia. I turisti europei di una certa fascia cercano questo tipo di offerta, ma non sempre la trovano». E così la coppia propone pacchetti completi a piccoli gruppi di buongustai di cibo e paesaggi. «In tutta la valle, fra gastronomia, eventi tradizionali, percorsi naturalistici e patrimonio artistico-culturale c’è abbastanza per un soggiorno di almeno cinque giorni. Se poi ci aggiungiamo che il mare è a venti minuti, allora anche una settimana si può fare».   Sì, si può fare. Perché costa poco e ci sono posti incantevoli dove dormire, oltre che minuscole cattedrali per gourmet dove gustare il prodotto principe di questa valle: il suino nero dei Nebrodi. Proposto in tutte le sue sfaccettature. Dopo che i produttori hanno tirato un sospiro di sollievo, superando il rischio di estinzione di una razza unica. «Adesso ci sono almeno 40-50 riproduttori per ogni allevamento e solo in questa valle ci saranno 500 capi pronti a tenere alta la bandiera della razza», ammette Vincenzo Pruiti, direttore della Soat di Castel Umberto. Aggiungendo: «Il signore ci ha dato questa razza e ce l’ha “benedetta”, adesso tocca a noi salvaguardarla nel migliore dei modi». Uno dei più lungimiranti è il salumificio del consorzio Terre dei Nebrodi, che ha come partner Slow Food, nel piano interrato di un immobile, piuttosto degradato a vederlo dall’esterno, di proprietà dell’assessorato regionale alle Risorse agricole. Ma appena entri sembra il Policlinico della Porchetta, ordinato e funzionale. «Lo gestiamo in comodato d’uso – racconta Antonino Borrello, presidente del consorzio – fornendo servizi ai piccoli produttori. Ci portano le “mezzene”, i mezzi suini già macellati in strutture certificate, e qui dentro possono gestire tutte le fasi della lavorazione e della trasformazione con mezzi all’avanguardia». Una struttura dalle potenzialità enormi (può lavorare fino a 5.000 prosciutti) che fornisce un prodotto di altissima qualità. Ma anche redditizio per chi lo alleva: all’ingrosso viene venduto in media a 45 euro al chilo, ma sul mercato spunta prezzi che oscillano tra i 55 e i 60 euro, con trend di richieste in continuo aumento sui mercati italiano ed estero. E sullo sfondo il lavoro del consorzio di tutela del suino nero dei Nebrodi, costituito oltre dieci anni fa, del quale fanno parte oltre all’Università di Messina (facoltà di Veterinaria) numerosi comuni della zona. Il consorzio si è dotato di «un disciplinare che “governa” un patrimonio di 110 allevamenti, 3.500 soggetti coinvolti e 800 scrofe».   NON SOLO SUINO Ma il suino nero non basta per attirare i turisti. E per fortuna non c’è solo quello: «Il costante aumento delle presenze internazionali, con la necessità di agganciare il trend di crescita, puntando su un turismo diversificato, delocalizzato e destagionalizzato, in grado di costituire il necessario valore aggiunto», certifica Sebastiano Sartorio, coordinatore Mercato e retail di Messina per Intesa Sanpaolo. C’è un distretto enogastronomico di fatto, anche facendo uno zoom nella sola Valle del Fitalia. Solo a Galati almeno 300 operatori impegnati (una stima che comprende anche i lavoratori in nero) nel settore, fra diretto e indotto; per il Sole-24Ore uno dei più alti rapporti con il numero di abitanti in tutta Europa. Con una tradizione da “export”: molti dei cuochi che si sono fatti le ossa nelle cucine di questa zona, adesso sono master chef in Usa, Australia e Belgio. Come Giacomino Drago, ambasciatore, insieme con i fratelli, dell’eccellenza siciliana negli Stati Uniti perché titolare di ristoranti a Los Angeles.   Chiaro il messaggio che emerge dalle sue parole: «Non fermiamoci, abbiamo tutte le potenzialità per dare vita ad una produzione in grado di valorizzare fortemente il nostro territorio». Da qui l’idea, venuta fuori nel corse del Festival del giornalismo enogastronomico: «A Galati Mamertino nascerà la scuola del gusto». La struttura sarà realizzata in partnership con gli operatori del settore, i ristoratori, con l’aiuto degli chef galatesi, dei produttori locali e con la collaborazione di Slow Food Sicilia. «La scuola è un modo per trasmettere alle nuove generazioni le competenze che questo territorio ha raggiunto negli anni, mettendo a frutto un’antica tradizione legata all’enogastronomia e alla continua ricerca della qualità», suggerisce Nino Amadore, giornalista del Sole-24Ore, galatese doc e anima motorizzata di questi giorni fra buon cibo e belle idee. Ed è a questo punto che arriva il matching con tutto quello che sta succedendo in questa valle. E non solo. In una frase è: «Ripartire dalla ruralità come opportunità e anima dello sviluppo», secondo Francesco Calanna, presidente del Gal Nebrodi Plus. Che esplicita il concetto: «Mettiamo assieme enti locali, associazioni di categoria, imprenditori, banche per un “sistema Nebrodi” che vede ad esempio 60 imprese, molte delle quali giovanili, finanziate con 7 milioni del Psr, un sistema di accoglienza turistica che non soffre la crisi ed è arrivato a 2.400 posti in agriturismo, cifra che si raddoppia considerando turismo rurale e b&b, senza considerare la ricettività tradizionale». Il limite? «Non abbiamo ancora creato una rete consolidata, ma ci stiamo lavorando. Basta con sagre con vino e provole “fituse”, puntiamo sull’eccellenza e sulla qualità». È pomeriggio inoltrato, quando una coppia di turisti tedeschi, Inge e Karl, si dirige verso Longi. «Andiamo a fare river-trekking», ci dicono entusiasti. Li aspettano i ragazzi de “La Stretta”, una splendida associazione che unisce natura e turismo. «E poi – dice lei – abbiamo prenotato per le dieci in una trattoria incantevole». Un orario insolito per le loro abitudini. «Ma certo, qui ce la prendiamo comoda. È il segreto di questi posti: la vita scorre al ritmo che vuoi tu. E noi stasera, ci sentiamo molto siciliani: quindi cena alle dieci». Per gustare, fino in fondo la Grande Lentezza della Black Pig Valley. Bella, buona. E da oggi un po’ più ottimista sul futuro.

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