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La Corte dei conti Ue bacchetta la Regione

La Corte dei conti Ue bacchetta la Regione E’ bufera sugli esperti di Sviluppo Italia

Spesi 4,5 milioni per 42 consulenti: “Curricula da verificare”

Di Mario Barresi |

Un’euro-bacchettata. Di quelle che lasciano il segno. Anche perché riguarda argomenti piuttosto sensibili, con precedenti – recenti e più datati – che hanno ingrossato gli scandalifici siciliani. La Corte dei Conti europea ha fatto le pulci alla Regione, sollevando più di un dubbio sull’affidamento a Sviluppo Italia Sicilia dell’assistenza tecnica del Piano di sviluppo rurale 2007/13. Quasi 5 milioni nel contratto di affidamento diretto in house alla società partecipata, firmato nel luglio 2012. E che adesso i giudici contabili di Città del Lussemburgo contestano su diversi fronti. Non soltanto per l’«affidamento diretto di appalti di servizi in contrasto con le norme applicabili in materia», ma anche su aspetti più specifici. A partire dalle «capacità professionale delle risorse umane impiegate», soprattutto in relazione alla «determinazione delle tariffe giornaliere applicate». Con un giallo, sull’asse Lussemburgo-Palermo, che il Dipartimento regionale delle Risorse agricole sta provando a risolvere con un fitto carteggio: alcuni dei curriculum vitae dei 42 componenti del gruppo del lavoro sarebbero arrivati in una doppia versione: una prima è quella depositata fascicolo del progetto presentato, una seconda – dopo i primi rilievi della Corte dei Conti – è quella trasmessa agli auditor dell’Unione europea. Ed è qui che si apre l’ennesimo vaso di Pandora. Perché tutti i fondi europei utilizzati per la misura 511 del Psr servono in pratica a pagare gli stipendi. Il contratto fra Sviluppo Italia Sicilia e la Regione è pari a 5.719.511,01 euro. Se infatti si escludono 992.642,41 di Iva, i restanti 4.726.868,60 sono così distribuiti: 267.558,60 per “costi organizzativi” (trasferte e organizzazioni di aule didattiche) e ben 4.459.310 per pagare i 42 professionisti impegnati. Con tariffe più che gratificanti, calcolate col criterio delle giornate-uomo. Qualche esempio? Al responsabile di progetto, «con esperienza specifica di almeno 15 anni in materia di attuazione e gestione di programmi comunitari» sono riconosciuti 490 euro al giorno, per un impegno di 200 giorni. Totale: 98.000 euro per meno di 10 mesi di lavoro, «escluso Iva». Va anche meglio al coordinatore (chissà qual è la sottilissima differenza fra lui e il responsabile?), che con la stessa paga giornaliera di 490 euro è però impegnato per 640 giorni per i quali percepisce 313.600 euro. La fascia di retribuzione si abbassa per una pletora di altri esperti: 257 euro, sempre al netto di Iva, per ogni impegnativo giorno di lavoro. Per uno «in programmazione e gestione di azioni di formazione/informazione» con esperienza di otto anni si spendono 164.480 euro per 640 giorni, più dei 400 giorni di impegno richiesti al guru in «organizzazione di processi e sistemi di gestione di programmi comunitari», che – dall’alto della sua esperienza di almeno 8 anni – costa 102.800 euro. Le figure del gruppo di lavoro sono numerose e molto specifiche. Perché per far sì che il Psr della Sicilia funzioni serve anche un «esperto in ambito giuridico e amministrativo in materia di controlli» (77.100 euro per 300 giorni), ma anche due «in materia di contratti pubblici, bandi di gara e protocolli d’intesa» (in totale 143.920 euro per 280 giorni a testa). E poi ci sono i pool di super-specialisti: per i quattro guru dei programmi Feoga-Feasr si pagano 462.600 euro; per i sei che fanno «monitoraggio di programmi cofinanziati dai fondi strutturali» 693.900 euro; per i due esperti di «rendicontazione e verifica della corretta gestione finanziaria» lo stipendio complessivo è di 328.960 euro. E, oltre alla lunga serie di “guru”, ci sono anche le cosiddette “risorse junior”. Quelli che dovrebbero tirare la carretta, anche se non certo gratis. A fronte di un’esperienza «nell’ambito dello sviluppo rurale» di almeno tre anni guadagnano 181,5 euro al giorno. E visto che sono in dieci e impegnati per 640 giorni a testa, costano pure loro: in tutto 1.161.600 euro. Non soltanto sulle tariffe giornaliere (sulle quali dopo le controdeduzioni della Regione risponde che «si concorda») la Corte dei Conti ha chiesto spiegazioni al Dipartimento. Perché, come detto, all’autorità contabile non è andato giù – così come nel caso del Click Day l’affidamento diretto. La Regione ha provato a dimostrare che «risulta più conveniente rispetto alle soluzioni analoghe che prevedevano il ricorso al mercato», sfoderando come esempi i capitolati dell’assistenza tecnica di altre Regioni e di altri Dipartimenti siciliani. Ma la Corte dei Conti vuol vederci chiaro, poiché «manca documentazione appropriata nella fasi in cui il contratto è stato aggiudicato in-house». Ma non è l’unico nodo da sciogliere. Perché dal Lussemburgo hanno chiesto risposte convincenti sui «giustificativi inerenti all’esperienza dei professionisti» per quattro dei 21 profili inseriti nel gruppo di lavoro. La Regione ha quindi inviato le copie dei curriculum e ha risposto anche ai dubbi sollevati «sull’analisi delle capacità professionali di Sviluppo Italia», sostenendo che «le autorità italiane osservano che la capacità dell’ente in house di prestare i servizi è stata attentamente valutata». Nel carteggio, però, è venuta fuori un’altra grana. E cioè che, secondo la Corte dei Conti comunitaria, «i curricula allegati alla risposta sono diversi da quelli contenuti nei fascicoli del progetto all’epoca in cui è stato attuato». Il rilievo è fondato su due punti. Sulle «informazioni di cui disponevano le autorità italiane all’epoca dell’aggiudicazione del contratto», ma soprattutto sulla circostanza che «le autorità italiane non hanno fornito alcun documento a riscontro della valutazione del Rup (Responsabile unico del procedimento, ndr) ». La tesi difensiva della Regione? «I curricula sono dissimili da quelli presentati originariamente perché contengono specificazioni e maggiori dettagli», precisando però che sono stati «inseriti sempre sotto la personale responsabilità dei dichiaranti». E assicurando che «qualora dovesse verificare incongruenze», valuterà «eventuali azioni correttive». Ma questi 5 milioni di fondi europei sono a rischio di definanziamento? «Assolutamente no», secondo il dirigente generale delle Risorse agricole, Sara Barresi. Che, sentita ieri telefonicamente, assicura: «Abbiamo gli elementi oggettivi per chiarire tutti gli aspetti: sia la convenienza della gestione in house rispetto all’appalto esterno, sia sulla scelta delle professionalità». Pur ammettendo che «si tratta di un iter non brevissimo, del quale non possiamo stimare la conclusione». Ma nemmeno gli euro-contollori contabili, del resto, hanno fretta. Vogliono le carte, i numeri, il curriculum di tutti gli assunti. E poi decideranno il da farsi. Non pensiamoci nemmeno, per ora, all’ipotesi di revoca dei fondi, né all’ipotesi ancor più remota che la Corte dei Conti possa rivolgersi all’Olaf, l’Ufficio europeo anti-frode

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